Si terrà oggi l’incontro tra i manager di Risanamento e le banche creditrici. Si dovrebbe trattare, secondo quanto fanno trapelare fonti vicine ai vertici della società immobiliare, di un incontro di routine: una ripresa delle discussioni dopo la pausa estiva sullo stato dell’arte dell’azienda guidata da Claudio Calabi, ancora fortemente esposta verso il mondo bancario (per 1,8 miliardi). L’incontro con gli istituti dovrebbe essere seguito il prossimo 5 settembre da un consiglio di amministrazione, che al momento non risulterebbe però ancora convocato.
Ma l’appuntamento di oggi, secondo quanto emerge da altre indiscrezioni, potrebbe avere una valenza di maggior rilievo. Si tratta infatti del primo faccia a faccia con gli esponenti delle banche dopo che, a fine luglio scorso, sono stati presentati in consiglio i risultati del processo esplorativo (una sorta di scouting) organizzato per verificare quali potrebbero essere le manifestazioni d’interesse per il patrimonio parigino di Risanamento.
Proprio per i palazzi francesi sarebbero state inviate 54 lettere ad altrettanti possibili compratori. Una trentina di questi avrebbe risposto alla lettera, ma alla fine soltanto pochi gruppi si sarebbero fatti avanti con una manifestazione d’interesse. Fra questi , secondo le indiscrezioni, la più alta, sarebbe quella del fondo Thor (a quota 1,250 miliardi). Seguirebbero, più basse (attorno a 1,1 miliardi) quelle di altri soggetti: Ashkenazy, Morgan Stanley e Grosvenor. Non avrebbe infine partecipato a questo giro di valutazioni il fondo sovrano del Qatar, che affiancato dall’advisor Lazard, alla fine di febbraio, ha già formalizzato un'offerta che valutava oltre 1,15 miliardi gli immobili parigini. Queste offerte ora dovranno essere confrontate con la proposta di Luigi Zunino, l’ex-proprietario di Risanamento che a metà giugno, si era detto pronto a offrire 0,25 euro per azione per rilevare l’intero gruppo immobiliare e procedere poi al delisting. Proprio Zunino, con il supporto di Rothschild e Guido Rossi, ha messo a punto un’offerta che prevede di rilevare il pacchetto Risanamento in mano alle banche e al sistema holding a un prezzo che di fatto valorizza il patrimonio francese 1,35 miliardi.
Ora (anche se non è escluso che possano arrivare offerte per i palazzi parigini in aggiunta a quelle già esaminate a fine luglio) il Cda di Risanamento e le banche dovrebbero avere tutte le informazioni per procedere a un esame analitico. Del resto, come emerge da alcuni documenti consultati dal Sole 24 Ore, l’esame delle due alternative sarebbe stata già affrontata in una lettera inviata dal vertice di Risanamento alle banche (Intesa Sanpaolo, Unicredit, Banco Popolare, Mps, Bpm) lo scorso 5 luglio. In questa lettera la società spiega di valutare di valutare la possibile operazione di Luigi Zunino nel contesto dell’accordo di ristrutturazione dei debiti ex-articolo 182 bis e, quindi, di ritenere opportuno procedere a una comparazione degli effetti finanziari per Risanamento delle due alternative: quindi da un lato la cessione del portafoglio francese e il conferimento di Santa Giulia a Idea Fimit e, dall’altro, appunto l’operazione proposta da Luigi Zunino come indicata nella lettera dello scorso 5 giugno.
Sarebbe così stato chiesto a Banca Leonardo di procedere all’esame delle due alternative: raffronto contenuto in un documento che il consiglio di amministrazione ha esaminato alla riunione del 28 giugno 2013. I risultati che emergono da questo documento consentirebbero di affermare la compatibilità di entrambe le alternative con l’accordo di ristrutturazione dei debiti ex articolo 182 bis. E, secondo quanto indicato nella lettera, dall’esame di Banca Leonardo emerge anche «l’interesse della stessa società all’operazione di Luigi Zunino che le consentirebbe di conservare il patrimonio francese, oltre agli effetti derivanti dall’ipotizzato delisting. All’esito del progetto si verificherebbe per Risanamento l’estinzione in Italia dell’indebitamento finanziario verso le banche, senza che Risanamento proceda alla vendita del portafoglio francese che nel piano industriale allegato all’accordo di ristrutturazione dei debiti ex-articolo 182 bis allora non costituiva oggetto di un programma di dismissione».