Le Poste per salvare Alitalia e ancora le Poste per dare un po' di ossigeno ai conti dello Stato riducendo il debito. Da qualunque parte lo si guardi, le Poste sono oggi il vero cavaliere bianco italiano.
Merito di una corazzata che è passata dalla spedizione di lettere e raccomandate, attività molto Old Economy, ad essere ormai sempre più simile a un gruppo finanziario grazie a una forte diversificazione rispetto all'attività caratteristica di di gestione del servizio postale: tanto che la maggioranza dei suoi ricavi oggi derivano da volumi di tipo non tradizionale.
Per fare un esempio l’inglese Royal Mail tra il 2002 e il 2012 ha visto il suo giro d’affari prodotto da attività non tradizionali passare dal 7,7% all’1,8 per cento. Per la francese La Poste si è passati dal 22,8% al 24,1 per cento. Per la tedesca Deutsche Post-Dhl la percentuale è rimasta in questi anni più o meno stabile al 47,3 per cento. Infine, per le Poste Italiane questa stessa quota è verticalmente salita tra il 2002 e il 2012 dal 50,5% all’80,7 per cento.
A giocare la parte del leone in questi anni sono stati i servizi bancari, finanziari e assicurativi, oltre a quelli digitali: garantiti soprattutto tramite la business unit Banco Posta e tramite la controllata Poste Vita, che ha archiviato nel 2012 ricavi record a quota 10,5 miliardi.
Basta qualche numero per capire l’entità del fenomeno Poste: con 312 miliardi di euro di risparmio postale, 5,9 milioni di conti correnti postali, 6,8 milioni di carte Postamat, 10,7 milioni di carte prepagate Postepay. E ancora: 55 miliardi di euro di riserve tecniche di Poste Vita, 4,7 milioni di contratti assicurativi e 35 milioni di operazioni finanziarie online l’anno. Poste Italiane sbarcherà in Borsa guardando altre Ipo del settore in Europa: l'Ipo da 3,3 miliardi di sterline della britannica Royal Mail, della belga Bpost che ha debuttato lo scorso 21 giugno a seguito di un collocamento da 812 milioni di euro e la portoghese Correios De Portugal, sbarcata alla Borsa di Lisbona ai primi di dicembre a seguito di un'Ipo da mezzo miliardo di euro.
Insomma, la quotazione sarà un grande banco di prova per una delle maggiori aziende italiane. Ma potrebbe imporre anche un cambio di strategia su alcuni temi. Con una minoranza (circa il 40%) del gruppo collocata tra investitori istituzionali, molti dei quali stranieri, e con la necessità di giustificare i piani d'investimento davanti a una platea di analisti (e non solo davanti all'azionista Tesoro) e soprattutto davanti ai mercati finanziari, dovrà forse venire meno il ruolo di Poste Italiane come cavaliere bianco. Nell'ultimo anno, prima dell'intervento su Alitalia, si era parlato di un coinvolgimento di Poste Italiane addirittura per salvare Montepaschi. Con la quotazione, probabilmente, non potrà essere più così. Anche i 75 milioni di intervento su Alitalia (un'inezia se si pensa al bilancio di Poste) potrebbero far storcere il naso agli analisti, impegnati a verificare la correttezza e redditività delle strategie messe in atto dal management. Tanto più se, in un prossimo futuro, Alitalia avrà ancora bisogno di un aumento di capitale con nuovo sforzo degli azionisti.