I fondi sovrani di Abu Dhabi e Kuwait puntano agli aeroporti di Milano, Torino e Napoli

Un socio del Far East o del Golfo Persico per i grandi aeroporti italiani. È pronto a partire il riassetto di F2i Aeroporti, la holding che detiene le partecipzioni del fondo nel settore aeroportuale (tra le quali gli scali di Torino, Napoli, Milano Malpensa e Linate, Bologna e Bergamo). Una rete di partecipazioni di grande valore strategico, oltre che economico, visto che la stima per l’intero capitale azionario è attorno agli 800 milioni di euro.
La scorsa settimana sarebbe stata inviata a 70 gruppi finanziari (europei, asiatici, del Golfo Persico e nordamericani) la documentazione con i dati sensibili di F2i Aeroporti, della quale il fondo F2i cederà un 49 per cento. Quindi tanti pretendenti, raggruppabili in tre grandi categorie (gruppi infrastrutturali, fondi sovrani e fondi pensione) dove tuttavia i maggiori candidati all’acquisizione si possono restringere a cinque-sei nomi: in campo per il 49% di F2i Aeroporti è infatti sceso soprattutto Adia, l’Abu Dhabi Investment Authority che già ha mostrato un grande interesse per una quota di Aeroporti di Roma (Adr), la società che gestisce l’hub di Fiumicino.
Quella degli emiri, che possono contare su enormi risorse finanziarie, sembra infatti una strategia di investimento ad ampio raggio in Italia. Stanno esaminando il dossier di F2i Aeroporti e di Adr, mentre la loro compagnia di bandiera, cioè Etihad, è ormai pronta per convolare a nozze con Alitalia.
Ma gli altri nomi dei maggiori candidati, oltre ad Adia, sarebbero lo stesso di grande peso: secondo indiscrezioni nella partita c’è anche un altro dei maggiori gruppi finanziari del Golfo Persico, come Kia, cioè la Kuwait Investment Authority. Tra gli altri contendenti in gara c’è Macquarie Group, il colosso infrastrutturale australiano che già anni fa aveva guardato con interesse alla privatizzazione degli scali di Malpensa e Linate.
In pista ci sarebbe anche Gic (il Government of Singapore Investment), il fondo sovrano di Singapore che ha già una presenza in Italia oltre ad essere stato socio diretto in passato negli aeroporti di Roma (Gemina-Adr) tramite la controllata Changi Airport. Gic conosce bene la realtà delle infrastrutture italiane visto che è socio di minoranza di Sintonia, la holding della famiglia Benetton che controlla Atlantia e, a cascata, proprio Aeroporti di Roma.
Infine i manager di F2i avrebbero, secondo i rumors, giocato la carta dei grandi fondi pensione nordamericani, a caccia di investimenti di minoranza nel settore infrastrutturale. Starebbero esaminando il dossier infatti i grandi fondi pensione canadesi (come l’Ontario Retirement System) ma anche la statunitense Calpers, la California public employees retirement system.
La procedura sta dunque entrando nel vivo. Entro metà giugno verranno fatti firmare gli accordi di confidenzialità con i soggetti che vorranno accedere alla data room. Le offerte non vincolanti sarebbero previste per fine luglio e, a seguire, quelle vincolanti in autunno.
Con la vendita del 49% di F2i Aeroporti, il fondo punterebbe a raccogliere circa 450-500 milioni di euro. Le partecipate del fondo (creato da Vito Gamberale) nel settore aeroportuale hanno archiviato nel 2013 un Ebitda di 254 milioni e ricavi pari a 1 miliardo di euro, con debiti a circa 545 milioni. Le valutazioni nel settore, secondo quanto indicato da Reuters alcuni giorni fa, si situano in un range compreso tra 10 e 14 volte l’Ebitda.
Il presidente di F2i Aeroporti, Mauro Maia, qualche giorno fa ha spiegato che il fondo cederà una partecipazione di minoranza qualificata per continuare a lavorare sul consolidamento del mercato degli hub. Il vincitore della gara potrà infatti co-investire con F2i in Sea, attualmente partecipata al 36%, in caso di discesa del Comune di Milano nel capitale (ora Palazzo Marino ha in mano il 55%).

 

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