L’Italia migliora nella riduzione dell’enorme mole di non performing loan, ma sono soprattutto alcune banche ad avere compiuto i maggiori progressi. L’Eba, l’autorità bancaria europea, ha pubblicato la mappatura dei rischi aggiornata al terzo trimestre del 2017. L’autorità sottolinea che la riduzione del rapporto NPL (-30 punti base qoq al 4,2%) indica che `sebbene lentamente, gli sforzi di supervisione stanno dando i loro frutti. Tuttavia, i risultati suggeriscono che permangono gravi impedimenti alla riduzione delle sofferenze bancarie, ovvero processi giudiziari lunghi e costosi e mancanza di liquidità sui mercati secondari.
Dal 2016, l`Italia è uno dei paesi che ha registrato il calo più significativo del rapporto Npl (-3.5pp a 11.8%, -€58 bn), ma l’impressione di alcuni analisti è che la concentrazione sia concentrata sui singoli nomi: è il caso di Equita che cita Unicredit (-18 miliardi di Npl) e Mps (-27 miliardi).
Anche il gap rispetto alla media dell’Unione europea è diminuito in modo significativo (7.6 pp, ie 11.8% vs media EU 4.2% rispetto a 9.9 pp ie 15.3% vs 5.4% del 4Q16), ma la polarizzazione resta significativa perché solo Unicredit, Intesa Sanpaolo e Credito Emiliano sono vicini o inferiori al 10%, mentre tutti gli altri nomi significativamente sopra.
E’ così probabile che il regolatore chiederà alle banche di convergere verso un obiettivo di Npl ratio di circa 5% entro il 2022-23. Questo piano può essere attuato in due fasi, con un primo step target di circa 10% nel 2019, in modo da avvicinarsi a un livello midsingle digit (circa il 5%) entro il 2022-2023. Questo schema non introdurrebbe rischi “sistemici” per le banche italiane ma in attesa di mancanza di chiarezza sulle nuove iniziative sullo stock di NPL (attesi per il 1Q18) gli investitori sembrano mantenere un approccio prudente sull`industria.
