L'affare dell'anno nelle Tlc: il fondo Usa Kkr cerca il consenso di tutte le grandi banche su Tim

Il fondo di private equity statunitense Kkr sta studiando un allargamento del consorzio bancario, che sosterrà finanziariamente l’offerta per il gruppo telefonico. Il grande “affare” dell’anno nelle Tlc sta catalizzando infatti l’interesse di tutto il mondo finanziario, sia italiano sia estero. E Kkr sta cercando di raccogliere il consenso di tutte le maggiori banche, in modo anche da ridurre il rischio che qualche altro contendente possa organizzare una contro-offerta. Ma vediamo a questo punto chi sono tutti gli attori finanziari coinvolti nella mega-operazione.
Dopo aver reclutato per la proposta un terzetto di colossi americani (Jp Morgan in prima fila unita a Morgan Stanley e a Citi) ora secondo le indiscrezioni sarebbero in corso negoziazioni per l’ingresso di altre banche di primo piano nel pool a supporto di Kkr: secondo i rumors, fra gli istituti che starebbero discutendo le modalità di ingresso nel consorzio ci sarebbe ro Intesa Sanpaolo e UniCredit, ma non solo. Probabilmente qualche altra grande banca italiana potrebbe scendere in campo.
Si tratta, secondo quanto trapela da fonti finanziarie, di un’attività di sindacazione portata avanti da Jp Morgan, che insieme alle due altre banche statunitensi all’atto del lancio dell’offerta ha messo sul piatto una “confident letter” (volta a coprire l’intero debito necessario all’operazione). Kkr ha messo sul piatto 10,8 miliardi di euro per l’intero gruppo, in un’operazione che dà una valutazione complessiva della società di 33 miliardi, se si include il debito netto.
Se dunque da un lato potrebbero aumentare le possibili “munizioni” per l’offerta, dall’altro lato Kkr sta cementando attorno a sé il consenso delle maggiori istituzioni finanziarie, sia estere sia italiane. Le grandi manovre in corso per un allargamento del parterre di banche avvengono mentre sul fronte Tim la situazione è momentaneamente congelata, dopo la nomina da parte di quest’ultima degli advisor Goldman Sachs e LionTree.
C’è attesa perché il board di Tim dia il via libera alla due diligence confermativa di quattro settimane richiesta da Kkr, in modo da poter lanciare l’Opa. L’offerta del fondo statunitense è subordinata all’approvazione da parte del board della società e del governo italiano, anche se Vivendi – primo azionista di Tim – ha detto che la proposta non riflette il valore dell’ex monopolista telefonico.
Nel frattempo il direttore generale di Tim , Pietro Labriola, sta lavorando ad un nuovo piano industriale, che potrebbe includere lo scorporo di asset e la divisione della società in diversi business. Secondo Reuters, il nuovo piano triennale punta a riorganizzare il gruppo su base stand alone e comprende opzioni per far emergere il valore della società, tra cui lo scorporo delle attività di rete.
Con questa finalità Tim, che ha già nominato Goldman Sachs e LionTree come advisor per valutare l’offerta di Kkr e altre opzioni, ha arruolato anche altri consulenti: cioè Mediobanca e Vitale & Co, perchè siano di supporto nella stesura del piano.
La rete di linea fissa di Tim è l’asset più pregiato del gruppo e il secondo maggior azionista del gruppo, cioè Cassa Depositi e Prestiti, ha invitato a rivisitare un piano precedentemente abbandonato per la fusione dell’infrastruttura di Tim con quella di Open Fiber, evitando una duplicazione degli investimenti mentre stanno per partire gli investimenti miliardari del Governo. Tutti i soggetti coinvolti si stanno così dotando di advisor in vista di possibili riassetti: Cdp sta lavorando con Credit Suisse, mentre il Tesoro con Lazard e Vivendi con Rothschild.
Le linee guida del nuovo piano industriale dovrebbero essere esaminate in un Cda previsto il 26 gennaio, dove spetterà al board decidere sulle opzioni messe sul tavolo per il riassetto dell’ex monopolista, da tempo sotto pressione per il calo del ricavi e dei margini in un mercato diventato altamente competitivo.