Esselunga, alla prova della pittoresca offerta cinese: con l'imprenditore rocker, il piccolo studio veneziano e l'ex-giocatore della Lazio

Devo essere sincero. Questi rumors sull’operazione del gruppo Yida Investment Group e del patron cinese, mister Yida Zhang, mi fanno tornare in mente le vicissitudini di un altro mister asiatico, Mr Bee, che pure lui voleva comprare il Milan a colpi di miliardi. Se devo essere sincero questa operazione non mi convince per niente. In primo luogo per le modalità: un gruppo cinese arriva e offre a scatola chiusa 7,3 miliardi (quindi una super-valutazione generosa) senza fare prima una due diligence e dicendo che la due diligence stessa la farà dopo. Ma intanto “datemi l’esclusiva” che in caso contrario “la mia offerta scade il 7 luglio”. Insomma, non si è mai vista una modalità di questo tipo in una operazione seria di fusione e acquisizione. In secondo luogo l’offerta sarebbe stata presentata in una decina di paginette senza coperture finanziarie. In terzo luogo l’offerta monstre non vedrebbe coinvolti advisor ben noti alla comunità finanziaria, i Goldman o gli Erede della situazione che sono i candidati tipici di un deal miliardario, ma lo studio Pettinelli (con sede a Milano e Venezia). Ho provato a chiedere in giro dello studio Pettinelli: non è presente nelle classifiche Thomson e Mergermarket dei grandi studi e nessun grande professionista lo conosce. In realtà, in base a ricerche più approfondite, il fondatore dello studio Paolo Pettinelli è un avvocato civilista ben noto a Venezia, esperto di project financing, ma meno nel grande mondo finanziario milanese: di lui si sa che è figlio di uno dei gestori del famoso negozio “Pettinelli Sport”, in una delle principali arterie commerciali di Venezia, ed è stato anche capitano del Venezia Rugby.
Infine, ciliegina sulla torta, c’è anche la chicca calcistica in questa vicenda: l’affare sarebbe infatti nato grazie alla mediazione tutta italiana di Gigi Martini, storico giocatore della Lazio, ex-politico, ex presidente dell’Enav e amico intimo di mister Yida Zhang (il terzo della foto in un evento rock all’isola di Antigua dove l’imprenditore cinese svolge molti dei suoi affari), e di Giulio Malgara, fondatore dell’Auditel, imprenditore attivo nella comunicazione e amico della famiglia Caprotti. Una mediazione fondata sui rapporti personali più che su incarichi formali, che avrebbe facilitato il percorso verso l’offerta. Martini e Malgara avrebbero avuto l’idea di avvicinare le parti e verificare la fattibilità dell’operazione, vista la disponibilità del magnate cinese a investire in Italia. La mia opinione è che la famiglia Caprotti, per precisione Marina e la madre, abbia già da tempo archiviato la pratica cinese come non pervenuta. E che starebbero invece trattando su fronti più seri.
Ps: dopo la stesura di questo articolo è arrivata notizia della lettera di Marina Caprotti e della madre ai dipendenti: Esselunga non è in vendita. “In relazione ai recenti articoli di stampa desideriamo precisare a tutti Voi che l’Azienda non è in vendita”. E’ quanto si legge in un messaggio inviato ai quadri e dirigenti del gruppo Esselunga e sottoscritto sia da Giuliana Caprotti, presidente onoraria di Esselunga, che dalla figlia Marina, vicepresidente, titolari del 70% del gruppo della grande distribuzione.

  • Sebastiano |

    Caro Festa, ha perfettamente ragione che sembra tutto pittoresco, ma si è chiesto se la famiglia Caprotti sia all’altezza di guidare un gruppo da oltre 7 miliardi di fatturato e 22 mila dipendenti? Una vedova ….che fa il presidente onorario, una ragazza di 39 anni che vive a Londra e non ha mai lavorato un giorno della sua vita che fa da vice presidente e un principe siciliano ……..che pretende di guidare lui le fila con le banche, per altro da ex venditore di mozzarelle a londra quando (con merito e onore) si manteneva la sua vita…… Invece il defunto Dottore, che……, aveva ben espresso che l’Esselunga doveva essere venduta e neanche ad Italiani. Sapeva cosa comportava guardare i centesimi e quanto tempo portasse via. E se pensiamo che sia facile non lo è proprio neanche per i managers che devono relazionarsi tutti i giorni con un’amministratore delegato che il Dottore….. Invece di pensare se l’offerta fosse giusta o no sarebbe più utile pensare se chi è rimasto a guidarla sia all’altezza! Ma tanto questo discorso non conta nulla. Io conosco gente che lavora in Esselunga e quando avevano letto che qualcuno se la voleva comperare erano felici perché significava che la famiglia sarebbe finalmente uscita di scena, perché dopo la morte del vecchio fondatore nessuno era in grado di guidare un tale colosso. Figuriamoci questi 3 rimasti per eredità a dover scegliere il futuro di un business che non è più solo di chi lo possiede ma dei fornitori, dei lavoratori e dei consumatori. Se si rompe il giocattolo poi i guai sono inarginabili. Mi scuso per la franchezza ma ritenevo doveroso fare un’analisi da esterno con un focus su ciò che rimane non su ciò che sia passato. Grazie, la seguo sempre, Sebastiano

  • Sebastiano |

    Caro Festa, ha perfettamente ragione che sembra tutto pittoresco, ma si è chiesto se la famiglia Caprotti sia all’altezza di guidare un gruppo da oltre 7 miliardi di fatturato e 22 mila dipendenti? Una vedova ….che fa il presidente onorario, una ragazza di 39 anni che vive a Londra e non ha mai lavorato un giorno della sua vita che fa da vice presidente e un principe siciliano ……..che pretende di guidare lui le fila con le banche, per altro da ex venditore di mozzarelle a londra quando (con merito e onore) si manteneva la sua vita…… Invece il defunto Dottore, che……, aveva ben espresso che l’Esselunga doveva essere venduta e neanche ad Italiani. Sapeva cosa comportava guardare i centesimi e quanto tempo portasse via. E se pensiamo che sia facile non lo è proprio neanche per i managers che devono relazionarsi tutti i giorni con un’amministratore delegato che il Dottore….. Invece di pensare se l’offerta fosse giusta o no sarebbe più utile pensare se chi è rimasto a guidarla sia all’altezza! Ma tanto questo discorso non conta nulla. Io conosco gente che lavora in Esselunga e quando avevano letto che qualcuno se la voleva comperare erano felici perché significava che la famiglia sarebbe finalmente uscita di scena, perché dopo la morte del vecchio fondatore nessuno era in grado di guidare un tale colosso. Figuriamoci questi 3 rimasti per eredità a dover scegliere il futuro di un business che non è più solo di chi lo possiede ma dei fornitori, dei lavoratori e dei consumatori. Se si rompe il giocattolo poi i guai sono inarginabili. Mi scuso per la franchezza ma ritenevo doveroso fare un’analisi da esterno con un focus su ciò che rimane non su ciò che sia passato. Grazie, la seguo sempre, Sebastiano

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