I grandi investitori esteri e i timori sull'Italia 5 Stelle

Un movimento fondato da un Comico al Governo? L’ipotesi di una vittoria dei Grillini alle politiche porta con sé un rebus: come si comporteranno gli investitori internazionali? Diciamolo chiaramente: anche la finanza, sulle spinte populiste, sta cambiando. Detto questo, la distanza che ormai esiste tra il mondo della finanza e quello della politica in Italia è enorme. C’è una grande difficoltà del mondo politico a capire come funzionano le dinamiche dei mercati e, di conseguenza, a estrarre dalla finanza ciò che c’è di buono e utile per la comunità e per il Paese.
Se ne è avuto prova una volta di più, se ve ne era bisogno, ieri negli interventi dei politici nel giorno della fiducia al Governo Gentiloni. E anche oggi, di fronte a vicende come Mps e Mediaset, questa distanza tra politica e finanza in Italia sembra veramente difficile da colmare.
Su una vicenda come Mps, ad esempio, era abbastanza ovvio che scegliere di fare un referendum, finito male, nello stesso momento in cui era in corso ricapitalizzazione da 5 miliardi, avrebbe rischiato di fermare tutto con la strada spianata verso l’intervento di Stato. Così sta avvenendo, se non si riuscirà a realizzare in zona Cesarini la soluzione di mercato per Rocca Salimbeni. In questo, il governo uscente di Matteo Renzi ha mostrato (resta da capire quanto volutamente o meno) una certa miopia.
E che dire di Mediaset? I francesi hanno aspettato la crisi politica per intervenire e provare a portarla via. In Francia se un gruppo italiano, ci avesse provato, sarebbero scesi direttamente dall’Eliseo. In questo secondo caso il governo ha fatto bene a intervenire con una dichiarazione.
Detto questo, in questi giorni ho provato a fare una decina di chiamate a grandi investitori internazionali e banche d’affari, per capire quale è il sentiment dei grandi protagonisti dei mercati verso quelli che rivendicano il diritto di governare l’Italia nelle prossime elezioni politiche, cioè i 5 Stelle. Ebbene, all’estero questo movimento viene visto come una sorta di salto nel buio: nessuno degli investitori con cui ho parlato ha idea di quella che sia la strategia economico-finanziaria dei 5 Stelle. Anzi, un po’ come analoghi movimenti europei, vengono visti come grandi oppositori della finanza. Il che, fino a un certo punto, può anche essere giusto, per evitare gli aspetti più nefasti della finanza. Ma opporsi alla finanza sempre e comunque, in un mondo globalizzato come l’attuale dove basta un clic per spostare miliardi di euro da un mercato all’altro, diventa controproducente per un Paese come l’Italia che ha bisogno come il pane dei capitali degli investitori esteri. Insomma, tra gli operatori finanziari stranieri i 5 Stelle sono sinonimo di possibile incertezza. Un Luigi Di Maio che risponde in italiano in un’intervista davanti a una sorpresa Christiane Amanpour sulla Cnn all’indomani della vittoria del No al referendum costituzionale, scagliandosi contro le grandi banche, che rappresentano un sottostante dei bond sovrani, non è il miglior viatico. Per fare un esempio, lo stesso Trump, indicato come populista, una volta eletto ha cercato l’appoggio di Wall Street e delle grandi istituzioni finanziarie.
Dal mio punto di vista, mi piacerebbe capire se i 5 stelle, abilissimi sui social a mettere i like o farsi un selfie, in questa che è diventata la democrazia di Internet, sono altrettanto abili a capire la differenza tra un bond e un’azione, tra un’obbligazione governativa e corporate, tra bail-in e burden sharing. Proprio oggi in un comunicato sul possibile intervento del governo per Mediaset, contro il quale si scagliano, i 5 Stelle affermano che “Mediaset è un’azienda totalmente privata e non è certamente più strategica di Unicredit e delle altre finite già in mano francesi”. In questo passaggio, ad esempio, trovo qualche incongruenza, visto che non è Unicredit ad essere finita in mano francese, bensì Pioneer, una sua controllata nell’asset management. Insomma, la sfida dei 5 Stelle, se vorranno governare, sarà quella di dare idea della statura e delle competenze in ambito finanziario. In caso contrario, il rischio è fare fuggire gli investitori esteri dall’Italia. In confronto poca cosa sarebbe la paralisi (con le buche che restano le stesse delle precedenti amministrazioni) che sta affliggendo Roma nei 5 mesi di Virginia Raggi in Campidoglio.