Italia al voto, ecco i migliori titoli di Borsa in caso di vittoria del Si e del No al referendum

Quali sono i titolo italiani che avranno performance positive in caso di vittoria del No nel referendum e quali quelli che avranno una discesa borsistica? Un primario broker ha fatto una selezione a Piazza Affari spiegando che resisteranno alla discesa, in caso di vittoria del No, le azioni con una forte esposizione del fatturato sull’estero, quindi meno soggette a un business regolatorio. In caso di vittoria del No sono invece sfavoriti il settore finanziario e bancario (per il rischio di ostacoli agli aumenti di capitale di Mps e Unicredit), quello dei trasporti e delle costruzioni, soggetto a maggiori vincoli regolatori. Le stesse aziende controllate dallo Stato potrebbero essere sfavorite in caso di vittoria del No. La situazione ovviamente si inverte in caso di vittoria del Si.
In caso di vittoria del No, sono inoltre tre gli scenari indicati: 1) Costituzione di un nuovo governo Renzi, ipotesi abbastanza improbabile visto che lo stesso premier l’ha esclusa. 2) Elezioni nella primavera del 2017, anche questa ipotesi improbabile nell’attuale situazione. 3) Governo istituzionale e tecnico che metta mano alle ultime riforme da fare con il supporto di tutto il Parlamento. In vista delle elezioni che è difficile siano fra meno di un anno. Quest’ultima è l’ipotesi ritenuta più probabile.
Ecco i titoli migliori in caso di vittoria del No
Cnh Industrial
Prysmian
Fiat Chrysler
Ima
StmMicroelectronics
Tenaris
Saipem
Luxottica
Campari
Diasorin
Recordati
Moncler
Ferrari
Yoox
Telecom Italia Risparmio
Exor
Ecco invece i titoli favoriti in caso di vittoria del Si
Intesa Sanpaolo
Bpm
Bper
Unipol
Unicredit
Poste Italiane
Anima
A2a
Atlantia
Snam
Italgas
Telecom Italia
Leonardo
Salini Impregilo
Cerved
Moncler
Ovs
Nel frattempo, la Borsa sta già ormai già scontando una vittoria dei No al referendum. Anzi, tra le sale operative si dà una chance di vittoria del No del 70 per cento, mentre il sì è dato al 30 per cento. Si vedrà se le stime saranno rispettate oppure se, come in altri casi eclatanti come la Brexit e le presidenziali americane con Trump, i sondaggi verranno a sorpresa disattesi.
Ma la domanda che circola nelle sale operative è anche un’altra. Potrebbe l’Italia, in caso di vittoria del No, essere colpita da attacchi speculativi degli hedge fund ribassisti come era già successo nel 2011 quando al comando c’era il governo di Silvio Berlusconi. Insomma, i grandi fondi d’investimento potrebbero attaccare l’Italia, puntando su un nuovo rialzo dello spread tra titoli italiani e Bund tedeschi, come strada per attaccare l’euro? Dunque gli hedge fund più speculativi potrebbero cercare di dare spallate alla fortezza Europa?
Ebbene proprio ieri il Financial Times ha paventato l’ipotesi che la vittoria del No potrebbe essere preludio a un’uscita dell’Italia dall’euro: un’ipotesi forte che ovviamente implicitamente sottintende che possa esserci un attacco speculativo all’Italia e all’euro dopo il referendum. In realtà, rispetto al 2011, c’è un’arma potentissima contro gli speculatori: cioè il muro difensivo di Draghi e della Bce, che compra bond, e che anche in questo caso si sta muovendo e si muoverà rapidamente.
Proprio oggi del resto Reuters ha riportato che sempre più il debito dei Paesi del Mediterraneo, come l’Italia, è in mano agli hedge fund, che puntano a ottenere rendimenti di breve periodo, accentuando però la volatilità che, come per lo spread Btp Bund, è già oggi sotto pressione.
L’attesa, dopo il referendum, è dunque di grandi movimenti speculativi, con la certezza che la Bce li saprà fronteggiare a dovere. Piuttosto il tema è anche un altro. Fosse avvenuto in un altro momento temporale, probabilmente il referendum italiano non avrebbe avuto questa importanza. Ma ora ci si trova ad avere contemporaneamente due aumenti di capitale delle banche (come quello di Mps da 5 miliardi e quello di Unicredit che da alcuni addetti ai lavori viene visto a quota 13 miliardi) che, in caso di vittoria del No, potrebbero essere a rischio, visto che (ad eccezione degli hedge fund speculativi) molti investitori esteri con filosofia value e a medio-lungo termine (basta pensare al Qatar che dovrebbe teoricamente investire su Siena) vedono come fumo negli occhi la instabilità politica e con altrettanto fumo negli occhi la possibile vittoria dei 5 Stelle e di Grillo, con tutto il populismo che ne potrebbe derivare. Inoltre lo stesso premier Matteo Renzi, con alcune recenti uscite forse evitabili sui suoi oppositori, ha trasformato il referendum in una battaglia tra chi è con lui e chi è contro.
Dunque la politica, ancora una volta, dimostra di essere incapace di dare stabilità all’economia e alla finanza. E proprio sul versante finanziario in questi casi ci sono due forze a contrapporsi: da una parte gli hedge fund speculativi che nella bufera finanziaria potrebbero cercare grossi guadagni e dall’altra gli investitori più istituzionali che cercano stabilità. E’ l’intera situazione dell’Europa che preoccupa questi ultimi visto che si attendono con ansia anche le elezioni francesi dove una vittoria della Destra di Marine Le Pen potrebbe davvero segnare la fine dell’euro.
Ma ecco un’agenda degli eventi europei che potrebbero scatenare la volatilità dei mercati, con annesso profilo di rischio.
30 novembre Meeting Opec – Medio profilo di rischio
4 dicembre referendum Italiano – Alto profilo di rischio
4 dicembre Elezione presidente austriaco – Medio profilo di rischio
8 dicembre Board Bce – Alto profilo di rischio
14 dicembre Meeting Fomc – Alto profilo di rischio
Fine 2016 Risultati della ristrutturazione del debito greco – Medio profilo di rischio
23 aprile-7maggio Elezioni presidenziali e generali in Francia – Alto profilo di rischio
Ottobre 2017 Elezioni Generali in Germania – Alto profilo di rischio