Alla fine e’ Brexit. Esulta Boris Johnson (nella foto), ex, sindaco di Londra, tra i principali sostenitori dell’uscita del Regno Unito dall’Ue. Intanto a Piazza Affari crollano i titoli delle banche italiane che non riescono a fare prezzo. E cosa succedera’ ora sui mercati finanziari? Lo abbiamo chiesto a Eric Lornegan, Multi-asset Fund Manager, M&G Investments.
“La reazione principale è stata sulla sterlina, che è crollata del 10% rispetto al dollaro. C’è stata una comprensibile corsa ai ‘porti sicuri’ tra cui lo Yen e il Franco svizzero. Non sapremo fino all’apertura di Wall Street, ma le prime indicazioni sul mercato dei Treasuries USA overnight e sui mercati asiatici è che questa sia una questione principalmente inglese ed europea: i rendimenti sul Treasury USA a 10 anni sono caduti di 25 punti base, in modo simile ai movimenti che abbiamo visto a febbraio – una caduta, ma non drammatica.
I mercati Europei e inglese sono in fase di apertura, ma ci aspettiamo che cadano di circa il 5-10%. I titoli di Stato tedeschi avranno un rally ed è probabile un ampliamento degli spread sui titoli di Stato dell’Europa periferica. Il settore finanziario sarà probabilmente il più colpito. Più in generale, è difficile fin d’ora dire l’impatto del voto sulle economie UK ed europea poiché tutto dipende dai termine della relazione che Inghilterra ed Europa negozieranno. Ci vorrà del tempo prima di sapere cosa significhi lasciare la UE – la possibilità di un’elezione generale non può essere messa da parte, o anche un summit costituzionale della UE per offrire all’Inghilyerra termini alternativi. Ciò che è più importante di dove siamo oggi è dove saremo da qui a mese o da qui a un anno”.
Più o meno sulla stessa linea il commento di Norman Villamin, Chief Investment Officer (Private Banking) e di Patrice Gautry, Chief economist di Union Bancaire Privée – UBP.
“La Brexit – spiegano – dovrebbe portare l’economia del Regno Unito, nel secondo semestre 2016 e nel 2017, a una recessione tecnica (in un range tra -3% e -1%), per via di consumi più bassi e di un calo della spesa per capitali. Nel prossimo anno il tasso di disoccupazione è atteso in crescita, probabilmente di 1/1,5 punti rispetto all’attuale 5%. Poiché il disavanzo delle partite correnti è ampio, pari al 7% del PIL, la dipendenza dai flussi di capitali è elevata, il che fa supporre un potenziale calo significativo della sterlina. L’inflazione, parallelamente, potrebbe rimbalzare, con un rischio al rialzo di circa il 3%. I settori che subiranno l’impatto maggiore sono il real estate, il manifatturiero, l’advertising e quello bancario. L’uscita ufficiale probabilmente diventerà effettiva nel 2018 e ciò darà il via a un periodo di lunghi negoziati e impegnativi con l’Unione Europea, in materia di accordi commerciali e di libera circolazione. Malgrado l’indebolimento della sterlina, la Bank of England (BoE) potrebbe rendere la sua politica monetaria accomodante per evitare il credit crunch e qualunque rischio sistemico del settore bancario; più tardi, poi, è probabile che anche la politica fiscale lancerà qualche misura di supporto al bilancio, pur rischiando di deteriorare il rating sul debito. L’impatto della Brexit sull’economia dell’Eurozona dovrebbe essere limitato (-0,2 punti percentuali all’anno nei prossimi anni), tuttavia ci sono alcuni Paesi che sono particolarmente esposti a uno shock, tra cui Germania, Paesi Bassi e Belgio. L’impatto politico, probabilmente, è ben più importante di quello economico, in quanto gli anti europeisti guadagneranno voce nelle prossime elezioni (in Spagna, Italia e Paesi Bassi). Il rischio è una frammentazione dell’Unione e dell’Eurozona e persino altri referendum anti-UE in alcune aree. Tutti, dai governi vigenti, alle istituzioni UE, ai progetti dell’Unione perderanno un po’ di credibilità e di fiducia. L’impatto sull’economia globale, infine, dovrebbe essere limitato, ma il protezionismo e il sentiment anti globalizzazione potrebbero aumentare all’interno di alcune aree. Il G7 ha deciso di distribuire un comunicato dopo i risultati ufficiali, mentre le banche centrali saranno pronte a intervenire per evitare qualunque turbolenza significativa sia sul fronte valutario sia su quello dei mercati finanziari e per scongiurare qualunque tipo di rischio in stile “Lehman”. La Federal Reserve probabilmente posticiperà ancora la decisione sui tassi d’interesse, mentre la Bank of Japan (BoJ) e la Banca Nazionale Svizzera (BNS) probabilmente interverranno o adotteranno misure specifiche. Per l’economia mondiale riteniamo che tali azioni siano fondamentali per evitare una spirale negativa (uno shock sui mercati finanziari che impatterebbe l’economia reale e viceversa), come quella verificatasi nel corso della crisi europea del 2012”.