Una data: il 28 maggio, per conoscere il futuro del Milan. Entro una decina di giorni dovrebbe essere tutto più chiaro su composizione e peso di ciascun investitore cinese nella cordata costruita dal consulente finanziario americano Sal Galatioto. Guarda caso il 28 maggio, cioè lo stesso giorno della finale di Champions League a Milano quando, secondo alcuni rumors, potrebbero arrivare allo stadio Meazza esponenti della cordata, accompagnati da manager vicini alla Galatioto Sports Partners (come il consulente italo-americano Nicholas Gancikoff) , per assistere alla finale tra Real Madrid e Atletico Madrid.
Al lavoro sono i consulenti delle parti. Gli avvocati dello studio Ripa di Meana, che assite i cinesi, stanno predisponendo in questi giorni i documenti sulla struttura finanziaria dell’operazione costruita dalla cordata. Ad attenderli ci sarebbero i consulenti di Fininvest: Lazard e Chiomenti. Secondo quanto risulta al Sole 24 Ore la cordata sarebbe arrivata a contare 7-8 soci, tutti cinesi, quasi tutte conglomerate quotate in Borse asiatiche. L’unico nome noto al grande pubblico sarebbe Evergrande, la conglomerata famosa per essere azionista del maggiore club di calcio cinese, il Guangzhou.
Ma quello che manca ancora è il peso azionario di ciascun componente della cordata. Il tema non è banale. Infatti il consorzio punta ad acquistare il 70% del Milan dalla Fininvest di Silvio Berlusconi con opzione sul restante 30% nei prossimi tre anni. Sul piatto ci sarebbe una somma di 650 milioni per il 70% esclusi i debiti. Ma come verrà suddiviso quel 70% tra i 7-8 soci cinesi della cordata? Ovvio che la governance diventa a quel punto fondamentale. Se la quota di controllo (il 70%) venisse divisa in parte uguale fra 7-8 soci (per esempio un 10% a testa) probabilmente l’operazione potrebbe suscitare qualche scetticismo in Silvio Berlusconi in quanto non ci sarebbe un investitore capofila in grado di indirizzare gli investimenti e il rafforzamento del club. Sarebbe differente invece il discorso, se tra i 7-8 soggetti ci fosse un anchor investor, cioè un investitore chiave con importanti risorse a disposizione che poi sarà in grado di comandare le scelte.
Insomma, Silvio Berlusconi starebbe attendendo informazioni che potrebbero essere fondamentali per lasciare il Milan in buone mani. A maggior ragione se si pensa che, cedendo il Milan, il fondatore di Mediaset, dirà addio a quello che, in questi trent’anni, è stato uno dei fattori vincenti per la sua notorietà sia in ambito politico sia imprenditoriale.