C’è un nodo da sciogliere che potrebbe essere estremamente complesso per l’aumento di capitale di Montepaschi, da effettuare secondo le previsioni in dicembre. E’ quello dell’ispezione della Bce alla banca senese, iniziata a maggio e ancora in corso. Terminerà, con le conclusioni, a fine anno. La vicenda dell’ispezione (che è stata resa nota dalle agenzie lo scorso 7 luglio come operazione di routine accomunabile a quanto è in corso in altre banche e sulla quale non è stata posta quindi più di tanta enfasi in questi mesi tanto da essere quasi dimenticata da molti osservatori) è riapparsa sulla scena con prepotenza in questi giorni. Nel resoconto intermedio al 30 settembre sono stati infatti gli stessi revisori a richiamarne l’attenzione. E l’altro ieri un economista come Giulio Sapelli ha segnalato l’importanza del fatto anche in modo colorito (“E’ vero che in Toscana si mangia bene – ha detto – ma se gli ispettori sono lì da maggio può significare anche che qualcosa sta emergendo”), insomma come una vicenda da non sottovalutare in vista dell’aumento di capitale.
L’ispezione ha ad oggetto i rischi di credito, di controparte e il sistema dei controlli. In pratica, gli ispettori di Francoforte stanno anche studiando i crediti della banca che sono già stati oggetto di diverse due diligence. L’obiettivo è appunto verificare la qualità del portafogli crediti di Mps. Ma quale è il rischio? I risultati non saranno disponibili prima di fine anno, quindi non saranno disponibili in tempo utile prima dell’aumento di capitale, che nelle attese dovrebbe essere a dicembre. Ora dall’ispezione, si spera, potrebbe emergere che il portafoglio crediti dell’istituto è stato analizzato correttamente. Del resto, il piano di risanamento dell’istituto (con scorporo dell’intera entità dei non performing loan) è stato lanciato dopo l’inizio del controllo di Francoforte. Insomma, Mps nelle attese dovrebbe presentarsi come la sola banca italiana totalmente ripulita dai crediti problematici. Ma facciamo l’ipotesi che la Bce arrivasse a conclusioni diverse. Se una volta effettuato l’aumento di capitale dovesse emergere che erano state sottostimate le effettive necessità? Nel caso in cui l’esito fosse difforme alle valutazioni della banca, ci potrebbero essere ripercussioni sulla tenuta del piano di salvataggio, che prevede la cessione di tutte le sofferenze con conseguente ricapitalizzazione da 5 miliardi.
Detto questo, c’è da affrontare il tema investitori: dopo il road show condotto con grande impegno, professionalità e decisione dall’Ad Marco Morelli e dal suo team di top manager (è inoltre notizia di queste ore che Alessandro Falciai sarà probabilmente nominato presidente), l’elemento che è emerso con chiarezza è che qualsiasi investitore estero non prenderà una decisione su Mps prima di sapere l’esito del referendum costituzionale del 4 dicembre. Il referendum, all’estero, sta assumendo un peso di grandissimo rilievo in termini di attrattività di un investimento in Italia. Gli investitori esteri pensano infatti che se dovesse vincere il No, il governo Renzi sarebbe costretto alle dimissioni con tutta l’instabilità politica che ne seguirebbe. Si tratta di un collegamento (quello fra No e dimissioni) sbagliato visto che Renzi probabilmente non si dimetterà. Ma in ogni caso gli investitori esteri si sono convinti (a torto o a ragione) di questo.
I riflettori devono andare poi sull’anchor investor. Se veramente venisse individuato, probabilmente a rimorchio entrerebbero altri investitori importanti. Ebbene, l’unico anchor investor possibile al momento è il fondo Qia del Qatar, cioè il veicolo dei reali di Doha. Il fondo sovrano ha preso sul serio il dossier della banca senese, anche su indicazione del governo italiano, e ora lo sta analizzando con l’advisor Rothschild. Cosa farà il Qatar? Probabilmente dal braccio finanziario del Golfo Persico (che potrebbe sottoscrivere oltre un miliardo) dipendono le probabilità di successo dell’aumento Mps. Senza la Qatar Investment Authority, le chance sarebbero veramente ridotte al lumicino. (nella foto l’emiro del Qatar)
Si sarebbe infine quasi perfezionata la cordata di fondi internazionali che ha investito in bond subordinati di Mps per convertirli in azioni.
A tenere il timone delle trattative è il fondo di investimento londinese Attestor Capital: assieme ad altri operatori avrebbero infatti in mano gran parte dei bond Tier 1 e Fresh dell’istituto senese, che complessivamente hanno un valore nominale di 1,4 miliardi di euro, rastrellati tramite una serie di operazioni fuori mercato.
In cordata con Attestor Capital ci sarebbero altri 5-6 fondi come Bybrook Capital, Centerbridge Partners, Eton Park Fund ed Eyck Capital Management. Ma altri hedge fund si potrebbero unire.
Ormai il consorzio sarebbe quasi definito, tanto che proprio in questi giorni Attestor Capital sarebbe al lavoro con uno studio legale internazionale, con sede a Milano, per definire le mosse future.
Quella di Attestor e degli altri fondi diventerà infatti una partita a scacchi da giocare sul fronte finanziario e giuridico, in modo da contrattare con Jp Morgan e Mediobanca, i due capicordata del consorzio bancario sull’aumento, le condizioni dello scambio.
Attestor e gli altri fondi starebbero puntando a ottenere un premio con la conversione dei bond in azioni: questa complessa operazione finanziaria da una parte andrà a diminuire l’importo dell’aumento di capitale (dai 5 miliardi previsti), ma dall’altra si dovrà andare a incastrare con il prezzo della ricapitalizzazione,che potrebbe essere lanciata dicembre, subito dopo il referendum costituzionale.
Fonti vicine ad Attestor, fanno sapere che il fondo inglese intende supportare nel lungo termine la banca senese diventando da dicembre un socio importante, magari sottoscrivendo anche lo stesso aumento di capitale.
In particolare, il fondo inglese Attestor potrebbe puntare a replicare quanto già fatto lo scorso anno in Grecia con alcune banche elleniche come la Piraeus Bank, la Alpha Bank e la Eurobank. Ad Atene Attestor ha partecipato agli aumenti di capitale e, in qualche situazione, ha fatto incetta di bond oggetto di conversione nei piani di salvataggio degli istituti greci.
Insomma, la partita senese sembra un film già visto per Attestor Capital, anche se le dimensioni dell’operazione italiana sono ben superiori rispetto ai salvataggi in Grecia. Attestor si definisce un «evergreen fund» visto che è attivo su diversi fronti: non soltanto situazioni tipiche da hedge fund come quella di Mps, con la conversione di bond, ma anche su vicende di vero e proprio turnaround. Tanto che per il momento in Italia Attestor si è fatto notare per avere investito, in alleanza con un altro operatore come Oxy Capital, su gruppi in situazione di stress finanziario come Ferroli, produttore veneto di caldaie. Di recente, ha rilevato sempre assieme ad Oxy Capital anche il gruppo Olio Dante.