Ubi, Banco Posta, Santander, Bnp Paribas e gli altri a scendere. E’ ormai da mesi che nel toto-indiscrezioni viene tirato fuori ora l’uno ora l’altro gruppo bancario (o finanziario) interessato ad acquisire Mps. L’ultima ipotesi, del fine settimana, è stata appunto quella di Banco Posta, con la conseguenza che immediatamente Poste Italiane ha smentito qualsiasi interesse per Mps. Da ricordare che anche Bnp Paribas e Santander avevano smentito in passato qualsiasi interesse per Mps. In realtà, al di là delle indiscrezioni che periodicamente escono, la situazione è molto semplice e sta nei numeri.
Vorrei descriverla in questi passaggi
a) Basta una parte del comunicato diffuso qualche giorno fa per capire: a dicembre 2015 i crediti deteriorati lordi di Mps ammontano a circa 46,9 miliardi di euro, in riduzione di circa 0,6 miliardi di euro rispetto a settembre 2015, a seguito del rallentamento dei flussi lordi, del miglioramento delle performance di recupero e delle cessioni. I crediti deteriorati netti risultano in diminuzione di circa 0,2 miliardi di euro. Escludendo la cessione di circa 1 miliardo di euro realizzata a dicembre 2015, la variazione trimestrale dello stock lordo dei crediti deteriorati è pari a circa 0,4 miliardi di euro (circa 1,2 miliardi di euro nel terzo trimestre), registrando il valore più basso degli ultimi 8 trimestri. Il grado di copertura dei crediti deteriorati si mantiene stabile su base trimestrale nonostante le cessioni di crediti con elevata copertura.
b) Ecco, detto questo, al di là del lavoro certosino che sta compiendo la banca da oltre un anno e dei meriti del management per cercare di pulire il suo portafoglio, non c’è dubbio che, anche guardando ai soli Npl, la mole di crediti “cattivi” di Mps sia assai elevata. Inoltre la banca è pur tornata in attivo di recente, ma soltanto grazie alla nuova contabilizzazione del derivato Alexandria imposta da Consob, che ha dato un beneficio contabile di 500 milioni. Senza questo effetto straordinario sarebbe stata ancora in perdita. C’è inoltre da ricordare che i soci della Banca, tra i quali migliaia di piccoli risparmiatori incluso dipendenti e correntisti, che hanno sottoscritto i dieci miliardi dei tre aumenti di capitale di MPS dal 2011 al 2015, hanno visto il loro investimento quasi totalmente bruciato. I più realisti sono dunque stati gli analisti di Icbpi che spiegano che l’enfasi sul ritorno alla redditività di Mps è “totalmente fuorviante, facendo riferimento ai conti riclassificati, che non sono comparabili con il modo con cui questi numeri sono stati divulgati fino alla fine di settembre, e riconoscendogli effetti non ricorrenti di natura puramente contabile”.
c) Che dire dunque del futuro di Mps? Bastano i numeri per capire che, malgrado il titolo oggi capitalizzi poco in Borsa (con il valore precipitato a 1,7 miliardi), in questa fase è davvero difficile che qualche grande gruppo si avvicini a Mps per comprarlo: nessun straniero, soprattutto, sembra intenzionato. Quindi il compratore così tanto invocato come si concretizzerà? Chiunque si avvicinerà lo farà sotto la moral suasion del Governo. Insomma, sarà necessaria un’operazione di sistema, più che di mercato. Ubi, sfumata la fusione con Bpm, resta così la candidata numero uno, ma anche la banca guidata da Victor Massiah non lo farà senza precise garanzie. Non è un caso che il banchiere di recente abbia mostrato freddezza su un asse Bergamo-Siena. Quali? La separazione dei crediti deteriorati di Mps potrebbe essere una condizione imprescindibile: sulla scia del ritorno d’attualità di interventi stile bad bank (quindi con garanzie statali), non potrà che essere sul tavolo della futura trattativa.