Per le banche d'affari le difficoltà giudiziarie di Berlusconi non appanneranno il business di Mediaset

La fase particolarmente difficile di Silvio Berlusconi non trova riscontro nelle prospettive della sua principale azienda, Mediaset. Al contrario, a poco tempo dall'approvazione dei conti 2013, le principali case d'investimento internazionali – secondo un'inchiesta effettuata dall'Agi – sono molto positive sul futuro del gruppo e in Borsa il titolo lo dimostra, confermando la sua permanenza sui livelli raggiunti nel corso degli ultimi 12 mesi, che lo hanno visto crescere da 1,641 euro del 17 aprile 2013 fino a un massimo di 4,332 del 7 aprile scorso, poi assestatosi attorno a quota 4.

Ma un osservatore autorevole come JpMorgan nel suo ultimo report sul titolo fissa il target price della compagnia a 5,90 entro il 31 dicembre 2014. I conti consolidati, annunciati il 25 marzo scorso, hanno permesso al gruppo Mediaset di archiviare 3,41 miliardi di ricavi netti, un ebit di 246,3 milioni (contro i -235 del 2012) e un utile netto di 8,9 milioni (contro una perdita 2012 di 287 milioni). La base del business, ovvero lo share televisivo, si é confermata su alti livelli: il 36.7% di share in prima serata e il 35.1% nelle 24 ore, con Canale 5 che è la rete più vista nel target commerciale. Ma al mercato, e agli analisti, é piaciuta soprattutto la decisione del gruppo di «fare cassa» riducendo la partecipazione nella società dei ponti-radio Ei Towers, di cui ha ceduto sul mercato il 25% a investitiri istituzionali vari, tra cui l'immancabile Blackrock, incassando ben 283,7 milioni di euro, risorse fresche che potrebbero a coprire quasi la metà del costo dei diritti per la Champions League 2015-2018 appena rilevati, ma che il Biscione preferirebbe investire per rinforzare l'offerta dei contenuti televisivi. Gli analisti di Jp Morgan prevedono dunque un ottimo andamento per il gruppo, grazie alla riduzione dei costi alla prevista, leggere ripresa della raccolta pubblicitaria e ad una prospettiva strategica che considerano probabile e opportuna, ovvero la possibilità della creazione di un'azienda separata, delineata in una nota di Mediaset lo scorso 18 dicembre, che gestisca il 100% di Mediaset Premium e il 22% dell'intera offerta digitale. È un'idea, questa, che piace molto a Jp Morgan secondo cui «é giunto il momento di dare un valore al business della pay tv Mediaset in Italia». Per tutti questi motivi Jp Morgan vede un futuro migliore per la compagnia presieduta da Fedele Confalonieri: ricavi per 3,54 miliardi nel 2014 e di 3,73 per il 2015, ebit fino a 558 milioni nel 2015 ed ebitda al 20% sempre nel 2015. Inoltre, con il piano di riduzione dei costi messo in piedi all'inizio del 2012, le perdite operative dovrebbero essere completamente azzerate dal 2017, tanto che Jp Morgan si spinge a sostenere che, con i giusti partner, Mediaset potrebbe diventare un modello di business sostenibile. Infine, Jp Morgan conclude che l'acquisizione dei diritti di trasmissione della Uefa Champions League per le tre stagioni 2015-2018 aumenta ulteriormente l'attrattiva dell'azienda. Analoga visione positiva da parte di Goldman Sachs, che consiglia di acquistare il titolo grazie a un potenziale ritorno dell'investimento stimato al 51%. Secondo Goldman, le previsioni per il 2014 e il 2015 sono, in termini di fatturato, addirittura migliori di quelle di Jp Morgan: per quest'anno si prevedono ricavi per 3,58 miliardi e di 3,85 per il 2015. L'analisi di Goldman dimostra, inoltre, come Mediaset sia ampiamente sopra la media del segmento europeo per alcuni fattori, ma che abbia anche un'alta volatilità del titolo e un basso ritorno dell'investimento (un terzo di quello degli analoghi europei). Un intero capitolo dell'analisi di Goldman è dedicato agli intrecci tra Mediaset e la politica: «Mediaset ha beneficiato della sua affiliazione con l'ex Primo Ministro Silvio Berlusconi. Ciononostante, dal 2010, con la progressiva diminuzione dell'influenza di Berlusconi, il mercato si é oltremodo preoccupato dei rischi potenziali attorno a Mediaset e alla sua posizione competitiva. Crediamo che queste preoccupazioni siano state eccessivamente pagate in termini di prezzo del titolo».