Si aprono i cantieri per la futura quotazione di Ferrovie dello Stato da parte del Governo. Nelle ultime settimane, all’interno di incontri di routine con le banche italiane, starebbe infatti prendendo corpo il progetto di creare un tavolo di lavoro fra i vertici delle Fs, il Tesoro e gli stessi istituti. L’obiettivo è valutare la strada migliore per la quotazione di un 40% della società, dove da poco è arrivato il nuovo amministratore delegato Michele Elia. Gli incontri sarebbero stati con Mediobanca e Unicredit, ma il tavolo potrebbe essere allargato da settembre anche ad altri istituti nazionali come Bnp-Bnl e Intesa Sanpaolo-Banca Imi.
L’obiettivo è la quotazione di Fs a Piazza Affari nel 2015, ma le discussioni dei vertici della società con le banche e il Tesoro testimoniano la volontà di arrivare all’appuntamento con la macchina organizzativa già a pieno regime.
Il posticipo dello sbarco a Piazza Affari di Poste Italiane, dopo che l’Ipo era data per certa quest’anno, e il listing in Borsa di Fincantieri (che ha ha reso meno del previsto e ridotto la quota in vendita da 600 a 350 milioni di euro di valore) sono infatti segnali d’allarme che avrebbero fatto riflettere, anche perché il potenziale incasso per lo Stato nel caso di Fs è enorme: dalla cessione del 50% della holding, veniva stimato, fino a qualche mese fa, che nelle casse del Tesoro potessero andare circa sei miliardi di euro.
L’agenda è in mano al nuovo management. In maggio il numero due delle Fs, Michele Mario Elia, ha infatti sostituito Mauro Moretti (approdato a Finmeccanica) alla guida del gruppo ferroviario, mentre alla presidenza della holding è salito l’economista e docente Luiss Marcello Messori, al posto di Lamberto Cardia. E proprio Messori, in questa fase, avrebbe un compito di analisi del progetto di Ipo.
In particolare, per il futuro sbarco a Piazza Affari delle Fs, resta da definire con esattezza il perimetro di quotazione: se dunque quotare tutto il gruppo, Trenitalia o se addirittura solo l’Alta Velocità, la parte più profittevole del business.
Già in passato, c’erano state discussioni accese sul perimetro dell’Ipo. L’ex-amministratore delegato Mauro Moretti si è, ad esempio, sempre opposto alla quotazione per pezzi del gruppo, quando era stata ipotizzata da parte dell’ex ministro dell’Economia, Fabrizio Saccomanni, una societarizzazione e privatizzazione della sola Alta velocità. Il disegno di Moretti era infatti quello di una quotazione in Borsa della holding fino a una quota del 49 per cento.
Si starebbe dunque costituendo un tavolo con le banche, proprio per tracciare la strada migliore, anche per evitare incertezze e incomprensioni con il mercato in prossimità dello sbarco. Ferrovie dello Stato resta infatti un gruppo complesso dove alla holding capogruppo fanno capo società operative nei diversi settori della filiera e altre società di servizio e di supporto al funzionamento del gruppo. Le aree restano di quattro tipi: viaggi e trasporti, infrastrutture, urbanizzazione e servizi. Tra le società cruciali del gruppo c’è anche Rete ferroviaria italiana (Rfi). Quest’ultima investe infatti fra 4 e 6 miliardi l’anno su binari e nodi urbani e ha funzioni di gestione dell’infrastruttura ferroviaria anche in tema di accessibilità alla rete delle società di trasporto (Trenitalia ma anche i concorrenti).
Proprio in tema di rete, l’Antitrust in passato si è più volte pronunciato a favore di una separazione proprietaria fra Rfi e la holding dei servizi di trasporto. Resta da capire, dunque, come verrà affrontato questo nodo, in vista della possibile Ipo.
Ci sarebbe, infine, la volontà di valorizzare al meglio un gruppo che rappresenta una delle storie di risanamento tra le aziende di Stato: passando dalla perdita del 2006 a sei bilanci in utile consecutivi, con una crescita di fatturato negli stessi sette anni, da 6.703 a 8.329 milioni. La crescita dei ricavi di Fs sul 2012 è stata dell’1,2%, mentre i costi operativi sono scesi dello 0,2%. L’Ebitda ha invece superato per la prima volta la soglia dei 2 miliardi di euro (+5,8%).