Il rebus della ricchezza di Vladimir Putin: le congetture sui 200 miliardi di patrimonio

La ricchezza di Vladimir Putin è uno dei grandi misteri che sono nuovamente emersi dopo lo scoppio della guerra in Ucraina e l’invasione russa. Alla luce delle sanzioni contro i parenti del leader del Cremlino e contro la maggioranza degli oligarchi russi, i riflettori sono finiti sulla presunta ricchezza di Putin, che secondo alcune stime ammonterebbe a circa 200 miliardi di dollari.

Ma non ci sono certezze al riguardo. Una fitta nebbia ha sempre avvolto qualsiasi congettura al riguardo. I dati ufficiali, pubblicati ogni anno dal Cremlino, indicano che il suo reddito del 2020 è di circa 140.000 dollari. Tra i beni denunciati da Putin c’è la proprietà di tre auto, una roulotte, un appartamento di 800 metri quadrati e un garage di 200 metri quadrati, più l’uso di un appartamento di 1.600 metri quadrati e due posti auto.

Sul tema si sono esercitati diversi giornalisti d’inchiesta. Tra i giornali che più si sono avvicinati alla verità, oltre al New York Times, c’è sicuramente Forbes. Dopo inchieste accurate negli anni passati l’editore fondatore di Forbes Russia, il russo-americano Paul Klebnikov, autore del libro d’inchiesta The Godfather of the Kremlin, è stato ucciso davanti al suo ufficio di Mosca nel 2004 mentre indagava sulle ricchezze degli oligarchi vicini al Cremlino.

La congettura che viene ritenuta più credibile è quella che Putin sia al vertice di una struttura dove gli oligarchi sono soltanto le diramazioni. A indicare questa strada è Bill Browder, un finanziere americano che ha condotto molti affari in Russia. Browder ritiene che Putin possegga la metà della ricchezza degli oligarchi, quindi proprio 200 miliardi circa, una vicenda iniziata ai tempi delle privatizzazioni selvagge in Russia quando Putin era a capo dei servizi segreti. L’accordo era: ‘Dammi il 50% della tua ricchezza e ti lascerò tenere l’altro 50%’”, afferma Browder. “Se non lo fai, prenderà il 100% della tua ricchezza e ti getterà in prigione”.

E’ stato proprio il magazine Forbes a indicare successivamente questa strada, alla luce delle vicende che hanno coinvolto l’oligarca Mikhail Khodorkovsky, ora diventato un oppositore in esilio a Londra. Khodorkovsky possedeva una compagnia, la Yukos, che rappresentava il 17% della produzione petrolifera russa con una influenza significativa al Cremlino. La sua fortuna durò, fino a quando si trovò davanti Putin come nemico. Nel 2003 venne arrestato e condannato per frode ed evasione fiscale.

Al di là della veridicità delle accuse, a quel tempo non si capì la destinazione dell’immensa fortuna, che in un certo senso scomparve nel nulla, di Khodorkovsky. Di sicuro, come indica Forbes, fu una potente lezione per gli altri oligarchi russi, gli stessi che oggi vengono colpiti dalle sanzioni dell’Occidente.