Le sanzioni alla Russia per l’invasione in Ucraina tengono banco in Germania, Paese che ha importanti interessi nell’energia correlati a quelli di Mosca. Questa volta a finire sotto accusa è l’acquisizione da parte del colosso russo Rosneft di una ulteriore quota azionaria della raffineria tedesca PCK Schwedt, uno dei maggiori stabilimenti in Germania.
L’operazione è sotto i riflettori. Le relazioni fra Berlino e Mosca sono sempre state su più livelli, anche sul fronte societario. Il colosso petrolifero Rosneft, che ha sempre avuto importanti collegamenti con ambienti politici e imprenditoriali tedeschi, aveva infatti sottoscritto, prima dell’invasione dell’Ucraina, un contratto per l’acquisto di una partecipazione del 37,5% nella raffineria tedesca PCK Schwedt. La transazione, concordata a novembre dello scorso anno, avrebbe dovuto aumentare la partecipazione della major petrolifera statale russa Rosneft nella raffineria al 91,67%. Il restante 8,33% appartiene al gruppo energetico italiano Eni. La raffineria PCK, situata a Schwedt, ha una capacità di 11,6 milioni di tonnellate all’anno.
Ora Berlino avrebbe deciso di effettuare ulteriori approfondimenti sull’operazione. Nelle ultime settimane diversi gruppi europei partner hanno deciso di tagliare i ponti con Rosneft. Il colosso petrolifero Bp, ma anche investitori internazionali come Equinor e Norges hanno liquidato le loro posizioni in Rosneft. Inoltre gli stati dell’Unione europea sono pronti ad adottare nuove sanzioni contro le major petrolifere russe Rosneft, Transneft e Gazprom Neft.
La Germania è uno dei paesi europei più dipendenti dalla Russia per l’energia: infatti importa da Mosca circa la metà del gas che acquista dall’estero. Il 22 febbraio scorso, come risposta al riconoscimento da parte della Russia delle due autoproclamate repubbliche di Donetsk e Lugansk, nell’Ucraina orientale, il cancelliere tedesco Olaf Scholz ha sospeso l’attivazione del Nord Stream 2, cioè il gasdotto diretto sotto il mar Baltico tra Russia e Germania.