Per anni gli spot di Pittarosso sono stati appuntamenti fissi negli spazi pubblicitari tv: campagne di comunicazione ben studiate come quella nota della showgirl Simona Ventura che nel 2014, vestita di rosso, urlava «Pittarosso, scarpe a più non posso».
Tempi lontanissimi, a maggior ragione oggi in epoca di coronavirus. Il retail è al collasso, al termine del «lockdown», e tutti i gruppi chiedono interventi governativi. C’è poi chi, come appunto Pittarosso, non è riuscito a passare indenne anche per motivi finanziari, precedenti alla pandemia, la grande crisi che sta attanagliando il settore. Il gruppo, assistito dallo studio Gianni Origoni Grippo Cappelli, starebbe pensando di presentare domanda di concordato al Tribunale di Padova.
Per Pittarosso si è trattata di una scelta arrivata dopo un’infinita trattativa con il mondo bancario per la ristrutturazione del debito.Dopo avere rotto i covenant, l’azienda, controllata dal fondo americano Lion Capital, aveva chiesto uno standstill alle banche creditrici esposte per 200 milioni di euro: tra queste Intesa Sanpaolo, Unicredit, Mps, e con una piccola quota BancoBpm, Sparkasse- Cassa di Risparmio di Bolzano e Bnl. Il debito era eredità dell’acquisizione del 2014, quando Lion Capital ha comprato Pittarosso da 21 Investimentiper 280 milioni. Ora qualche fondo specializzato sta guardando il dossier: inoltre Pillarstone, fondo partecipato da Kkr, avrebbe acquisito una porzione significativa di debito.