Perché una società delle Isole Vergini deve essere coinvolta nell’operazione Milan? Vorrei essere esplicito: la domiciliazione alle Isole Vergini, a differenza di altri luoghi offshore come ad esempio proprio Hong Kong, ha un solo scopo. Nascondere soldi detenuti all’estero. Un po’ come Panama o le Cayman, anche se quest’ultima sede viene utilizzata da multinazionali americane per avere un’ottimizzazione fiscale. Resta dunque da capire perché nell’operazione Milan sia stata coinvolta la Willy Shine International Holding Limited che come rivelato da Calcio & Finanza ha versato in data 14 dicembre 2016, dopo un accordo preso il 13 dicembre, al fondo Rossoneri Sport Investment (il veicolo di Sino Europe attraverso il quale realizzare l’operazione Milan) la cifra di 830 milioni di dollari di Hong Kong, ovvero 102 milioni di euro. In pratica la seconda caparra per l’acquisto del club rossonero.
Questa rubrica da tempo ha puntato l’indice non tanto contro il buon esito dell’operazione (che a marzo dovrebbe chiudersi) ma sull’opacità della struttura e sull’origine di questi capitali.
Proprio questa rubrica, per prima, ha anticipato che i soldi della seconda caparra arrivavano da Hong Kong tramite la Rossoneri Champion. E ha anticipato anche la lista della cordata composta oltre che da Yonghong Li e Haixia, da Huarong International, dalla Industrial Bank, dalla Bank of Guangzhou, dalla China Zheshang Bank. Queste ultime due entità, cioè la Bank of Guangzhou e la China Zheshang Bank, sono banche controllate da una municipalità e da una provincia, quella di Zhejiang.
Mancava però un ultimo importante tassello che il sito Calcio & Finanza ha scoperchiato. Il mistero delle Isole Vergini rischia infatti di far diventare la cessione del Milan un “giallo internazionale”. Di chi sono i soldi? Non credo, come pensano alcuni, che i capitali siano di Silvio Berlusconi, anche se fa pensare la coincidenza tra l’arrivo dei quattrini e l’attacco di Vivendi a Mediaset. Probabilmente se avesse voluto far rientrare i suoi soldi all’estero, Berlusconi avrebbe trovato un metodo meno grossolano e più silenzioso.
Ma è l’opacità di tutta la transazione che fa pensare: un acquisto a rate mai visto fino ad ora, con una scadenza del closing prorogata a marzo. E, secondo quanto risulta a questa rubrica, tra coloro che comincerebbero ad essere un po’ attoniti per l’evolversi della vicenda, ci sarebbe anche lo stesso Marco Fassone, l’Ad in pectore dei cinesi. Avrebbe confidato a qualche addetto ai lavori la sua confusione: non solo per il suo ruolo (con Adriano Galliani che ancora resta ben in sella), ma anche per il ritardo dei cinesi nel chiudere la transazione. Nel suo viaggio in Cina avrebbe stretto tante mani, gli sarebbe stato presentato un grande progetto di rilancio del club, ma al momento sembrano tutte parole vuote. La speranza è che nel 2017 si chiarisca la situazione: sia per Fassone sia soprattutto sul lato della provenienza dei soldi.