Sembra ridotta a cinque nomi, almeno per ora, la corsa all’acquisto di Pioneer da Unicredit. Secondo indiscrezioni l’amministratore delegato Jean-Pierre Mustier avrebbe infatti incaricato l’advisor Jp Morgan di portare avanti i contatti soltanto con cinque grossi nomi della finanza e del risparmio: quelli di Allianz, Generali, Poste, Amundi e Macquarie. In realtà le manifestazioni d’interesse arrivate sarebbero almeno una decina (fra gli altri nomi ci sarebbero ad esempio anche Natixis e Anima oltre a diversi private equity), ma al momento l’asta sarebbe stata aperta soltanto a questi 5 contendenti. Le offerte avrebbero come scadenza il prossimo 19 settembre: con una valorizzazione di Pioneer che sarebbe attorno ai 3 miliardi di euro.
In particolare Mustier, per ora, avrebbe deciso di non far coinvolgere nella gara i private equity, che quindi sarebbero alla finestra malgrado il forte interesse mostrato anche in passato per l’asset manager di casa Unicredit.
Non è tuttavia da escludere che qualche soggetto in gara possa decidere di scegliere la strada delle alleanze. In questo modo potrebbero rientrare in gioco alcuni soggetti che hanno espresso interesse oppure qualche fondo di private equity. È ad esempio il caso di Poste Italiane che potrebbe decidere di fare l’operazione affiancato a qualche soggetto finanziario o strategico. Il gruppo guidato da Francesco Caio è infatti già socio di Anima Holding (con il 10,3%) e inoltre potrebbe avere il supporto di Cdp nell’operazione.
L’obiettivo dei gruppi italiani potrebbe infatti essere quello di creare un campione nazionale dell’asset management e del risparmio. Tanto che nella partita sarebbe presente anche Banca Generali che secondo i rumors si sarebbe fatta affiancare in qualità di advisor dalla banca giapponese Nomura.
Del resto, per Pioneer c’è grande interesse dall’estero, anche in virtù della sua presenza sul mercato statunitense. In questa fase, in vista delle offerte del prossimo 19 settembre, sarebbero stati selezionati soltanto tre colossi stranieri della finanza e del risparmio: la francese Amundi, ma anche la tedesca Allianz fino all’australiana Macquarie. Ma senza questa selezione, le candidature dall’estero sarebbero state di più, tanto che si sarebbero fatti avanti anche Natixis e qualche grande asset manager americano.
Amundi, nata in Francia dall’unione dell’asset management di due big come Societè Generale e Credit Agricole , verrebbe visto da diversi addetti ai lavori come assai motivato sull’operazione. Ma anche Allianz vedrebbe l’operazione come un’opportunità per crescere di dimensioni sul mercato italiano e su quello statunitense, come pure Macquarie, la conglomerata australiana che sta investendo molto nel settore dei servizi finanziari.
Sullo sfondo c’è la strategia decisa dall’amministratore delegato di Unicredit Jean-Pierre Mustier, che sta valutando diverse cessioni per incamerare qualche miliardo cash (oltre a Pioneer c’è anche il dossier Pekao in corso d’opera) e arrivare così all’appuntamento dell’aumento di capitale che ormai il mercato si attende tra la fine di quest’anno e l’inizio del prossimo.
Ieri il «Financial Times» ipotizzava un’entità dell’aumento di capitale fino a circa 10 miliardi di euro: quindi un’iniezione «monstre» che in realtà sarebbe motivata anche dalla volontà di scorporare e cedere anche un portafoglio di una ventina di miliardi di sofferenze. Questa operazione (anticipata una settimana fa dal Sole 24 Ore) costringerebbe infatti ad incamerare una svalutazione del portafoglio di Npl e quindi ad aumentare i numeri dell’aumento.
La realtà è che per ora Mustier sta fissando i paletti per il nuovo piano strategico atteso entro fine anno e che l’entità dell’aumento non è ancora prevedibile. Molto dipenderà dal piano di cessioni in corso.