Molti sono convinti che, alla fine, anche in questa occasione non se ne farà nulla e che le manifestazioni d’interesse dei fondi di private equity resteranno tali. Ma è da registrare che forse per la prima volta in tanti anni di corteggiamenti dall’estero al patron Bernardo Caprotti, su Esselunga sarebbe in corso un vero processo di valutazione delle candidature informali di alcuni private equity, interessati a comprare l’attività di gestione dei supermercati: due in particolare sarebbero i fondi in campo in questo momento, cioè Cvc e Blackstone, dopo che nei mesi passati si era parlato di Tpg e Advent. Insomma, sempre grandi fondi internazionali, americani e anglosassoni.
Ma la partita non è affatto semplice. Al lavoro per conto di Caprotti per valutare le manifestazioni d’interesse sarebbero secondo i rumors l’avvocato Giuseppe Lombardi dello studio Lombardi Molinari Segni, ma anche il professionista Vincenzo Mariconda, che è pure presidente di Esselunga. Il problema per un private equity resta quello della creazione di valore su Esselunga, che dal punto di vista commerciale è già un’autentica Ferrari, gestita in modo quasi «militare». Insomma, sembra difficile gestire meglio la catena fondata da Caprotti, di quanto lo sia ora. Forse i fondi di private equity potrebbero provare a cambiare il modello di business, ma con il forte rischio di romprere una macchina ritenuta perfetta. Senza dimenticare che la valutazione del business in vendita sarebbe attorno ai 6 miliardi: anche con 3 miliardi di finanziamenti, resterebbero sempre da mettere sul piatto 3 miliardi di equity, cifra enorme anche per grandi private equity come Blackstone e Cvc.
Infine, c’è l’ostacolo Caprotti, che a quasi 91 anni, non sembra ancora intenzionato a vendere il colosso della grande distribuzione, che oggi fattura 7,3 miliardi e ha un utile di quasi 300 milioni.