I risultati dello stress test non hanno fornito sorprese particolari rispetto alle attese. Hanno confermato che Mps è la grande malata, bisognosa di cura da cavallo per ritornare minimamente in forma: leggasi scorporo degli Npl nella bad bank e aumento di capitale da 5 miliardi (dopo i 10 miliardi di iniezioni degli ultimi 5 anni). E hanno anche confermato che Unicredit avrà pure bisogno di una ricapitalizzazione: viene indicato dagli analisti tra i 5 e i 6 miliardi. Oggi a Piazza Affari, questa situazione a due facce del sistema bancario italiano ha finito per creare un effetto strano a comprendersi. Tirando giù i titoli bancari, anche quelli che avevano superato lo stress test con successo come Intesa Sanpaolo, Banco Popolare e Ubi, penalizzando fortemente Unicredit, e salvando paradossalmente soltanto Mps, la peggiore d’Europa, sulle attese di un piano che tuttavia dovrà ora essere concretizzato con tutte le complessità del caso. Probabilmente l’incertezza di alcune situazioni del credito – è questa l’unica ipotesi possibile – ha favorito anche oggi in Borsa gli interventi degli hedge fund, che guarda caso hanno colpito ancora la Borsa milanese.
In definitiva, gli stress test sono favorevoli per Intesa Sanpaolo, Ubi e Banco Popolare che hanno riportato una diluzione di Cet 1 nello scenario avverso inferiore o sostanzialmente in linea con il 2014 (quando erano stati effettuagli gli altri stress test), mentre è sfavorevole per Mps e Unicredit, che ha riportato un Cet 1 inferiore allo Srep. Dal punto di vista consolidato, per le banche italiane l’impatto negativo sul Cet 1 nello scenario avverso è di 547 punti base contro 402 nel 2014: il peggioramento è dovuto a Mps che ha registrato una effetto 2 volte
più alto che nel 2014. Da segnalare poi l’impatto negativo sul CET1 sopra la media dell’Unione europea (-383 basis point) sempre causa effetto Mps.
Nel dettaglio, Intesa Sanpaolo (-289bps vs 340bps), Ubi (-277bps vs -360bps) hanno avuto performance migliori che nel 2014, mentre Banco Popolare è sostanzialmente in linea (-340bps vs -320bps). Unicredit ha registrato -384bps vs -280bps nel 2014, il CET1 2018 è 7.1%, inferiore allo Srep (10.75%). La società ha comunicato che prenderà contatti con l’SSM (il Single supervisory mechanism) per valutare cambiamenti alla strategia sul capitale. Leggasi aumento di capitale, secondo alcune Sim prevedibile tra 5 e 6 miliardi. E’ ad esempio quanto sostengono gli esperti di Ubs. Secondo gli analisti di Banca Imi, tuttavia, Unicredit potrebbe avere bisogno di 8,5 miliardi di capitale aggiuntivo per avere un Cet 1 uguale alla media europea, nel caso si verifichi uno scenario avverso.
Infine, nello scenario avverso (Pil cumulato in ribasso del 3.5%) il costo del rischio è 160 punti base contro 316 punti base del 2014. Dato che le rettifiche si basano sui modelli interni, secondo Equita il risultato è confortante e conferma il miglioramento della resistenza del business model. Nello scenario di base gli utili cumulati sono di 16 miliardi.