La cordata cinese guidata dall’advisor americano Sal Galatioto spinge per arrivare alla trattativa finale sul Milan. Ora l’ultima decisione spetterà a Silvio Berlusconi, il fondatore di Fininvest e dell’impero Mediaset che sembra ancora indeciso sul da farsi, spinto a mantenere il controllo del gruppo che ha comprato trenta anni fa portandolo sul tetto del calcio mondiale. Secondo le indiscrezioni delle ultime ore dei quattro soggetti componenti la cordata cinese uno sarebbe Evergrande Group, conglomerata attiva in diversi settori: real estate, finanza, assicurativo, banche, turismo, persino nell’alimentare, fino allo sport visto che possiede la metà del capitale azionario del Guangzhou, mentre l’altra metà è del gruppo Alibaba di Jack Ma. Evergrande non sarebbe l’unico soggetto del consorzio, quindi, visto che al suo fianco ci sarebbero altre conglomerate e soggetti finanziari cinesi.
Di sicuro, rispetto all’offerta (svanita) di Mr Bee, questa volta gli attori sono ben noti in Cina. Dietro Evergrande si celano alcuni milionari cinesi di primo piano: come il presidente di Evergrande Xu Jiayin, ma anche il magnate di Hong Kong Cheng Yu-Tung, che e’ corner investor in Evergrande dal 2009, giorno dell’Ipo, e possiede 1,5 miliardi in emissioni del gruppo. Tra i soci di minoranza c’è anche Jack Ma, il potente fondatore del colosso dell’e-commerce Alibaba. Si tratta di un gruppo di milionari e uomini d’affari cinesi che in questi anni sono stati associati da business comuni, vendendo e comprando fra di loro asset miliardari e accomunati anche dalla comune passione per gli investimenti a nove cifre nel calcio: ovviamente sempre sotto il rigido controllo del Governo di Pechino. Tra gli osservatori più attenti c’è chi si spinge a dire che il vero regista dell’operazione sia proprio Jack Ma, che ora preferirebbe stare nell’ombra per apparire pubblicamente più tardi, nel caso l’operazione vada in porto.
Per ora una delle poche certezze sembra proprio il nome di Evergrande, uno dei quattro della cordata. Quest’ultimo è un colosso con luci e ombre. Dipinto nelle ultime cronache finanziarie come too big to fail, cioè troppo grande per fallire, malgrado l’elevato livello di indebitamento generato da una campagna acquisti miliardaria in ogni genere di attività: banche e assicurazioni soprattutto.Ma i 600 milioni per il 70 per cento del Milan (esclusi i debiti), cifra che comprende il premio di maggioranza, sembrano un’inezia rispetto alla campagna acquisti super-miliardaria degli ultimi anni. Il vero ostacolo a questo punto sembra soltanto Silvio Berlusconi. Dal quartier generale di Fininvest attendono un suo segnale positivo per avviare la trattativa nella fase finale, come in attesa sono pure gli advisor che seguono storicamente il Biscione: cioè Lazard, Bnp Paribas e lo studio Chiomenti. Ma Berlusconi avrebbe preferito una soluzione che gli permettesse di cedere una minoranza e restare in sella: non è stato così e ora dovrà decidere. Per il resto il piano del consorzio cinese è ad ampio respiro: l’acquisto del club e l’Ipo del Milan in Asia come già fatto con il Guangzhou. A cornice c’è la città di Milano che dopo l’ingresso di ChemChina in Pirelli, sta diventando sempre più attraente per i capitali cinesi, una sorta di quartier generale in Europa di Pechino. Due trattative parallele sono infatti in corso: Suning Group in ingresso nell’Inter e la cordata Evergrande nel Milan. Ma per vedere veramente la bandiera di Pechino sul Meazza, sarà necessario l’ultimo fatidico sì: quello di Silvio Berlusconi.