Telecom Italia avvia concretamente il processo di cessione di una quota azionaria di Inwit, la società che raccoglie le sue torri, e starebbe per affidare un incarico in questa direzione a Deutsche Bank. Parte dunque anche dal punto di vista procedurale il riassetto di Inwit dal quale l’ex-monopolista telefonico (socio al 60%) spera di incassare una lauta plusvalenza. Telecom dovrebbe dunque cedere la maggioranza dell’azienda e, secondo i rumors, mantenere una quota attorno al 20 per cento. Inwit vale infatti in borsa 2,67 miliardi di euro ai prezzi attuali ed è probabile che Telecom chieda un premio nel caso ceda la maggioranza del capitale. Il 60% in mano a Telecom Italia vale 1,6 miliardi. Proprio Deutsche Bank, alla quale non sarebbe stato ancora dato un incarico formale, starebbe assistendo Telecom Italia per studiare la struttura dell’operazione. Il team della banca d’affari tedesca infatti ha dato consulenza ai manager di Telecom Italia (sull’operazione era coinvolto il chief financial officer Piergiorgio Peluso) al momento dello sbarco in Borsa nella scorsa primavera. A fine settembre, durante un consiglio di amministrazione tenutosi in Brasile dove il gruppo controlla Tim Participacoes (Tim Brasil), Telecom Italia ha dato un mandato formale all’amministratore delegato Marco Patuano per un’ulteriore valorizzazione della controllata delle torri. Inwit è leader di mercato con 11.500 siti in gestione, seguita da Vodafone (11.300 siti), Hutchison (7800), Galata di Cellnex (8 mila), Wind (2 mila) e Ei Towers (circa 1500). All’operazione saranno interessati sia fondi infrastrutturali sia gruppi strategici. Tra i grandi gruppi finanziari italiani guarderà il dossier il gruppo F2i (il maggiore fondo infrastrutturale italiano guidato da Renato Ravanelli che ha liquidità disponibile per 1,3 miliardi di euro), mentre tra gli strategici il favorito potrebbe essere Cellnex, società delle infrastrutture telefoniche del gruppo Abertis, che in Italia ha già rilevato le torri di Atlantia e quelle di Wind. Cellnex, che capitalizza 3,5 miliardi di euro e gestisce una rete di circa 15.000 torri in Spagna e in Italia, starebbe già lavorando con Morgan Stanley e Mediobanca sul dossier, per valutare una possibile offerta. Il gruppo iberico è ricco di liquidità dopo la quotazione avvenuta nella scorsa tarda primavera. In ogni caso il processo potrebbe replicare, in alcuni meccanismi, quanto già successo nella vendita delle torri di Wind: sia per quanto riguarda il super-multiplo dell’operazione, che dovrà prendere in considerazione anche un premio per il controllo, sia sul versante dei possibili compratori. Nell’asta per le infrastrutture di Wind, oltre a Cellnex e F2i, erano infatti in corsa anche American Tower ed Ei Towers oltre al private equity Providence.