Il riassetto di Saipem entra nel vivo ma esistono ancora dei nodi da sciogliere. Lo scorso 27 settembre, in questa rubrica, e’ stato previsto il processo di costituzione del consorzio delle banche che andranno a rifinanziare il debito di 5,5 miliardi di Saipem, oggi fornito totalmente dalla casa madre Eni. In particolare era stato segnalato il ruolo di capofila di Goldman Sachs e Jp Morgan, davanti a un nutrito plotone di banche commerciali. Tuttavia ora si entra nella fase difficile dell’operazione. Il rifinanziamento infatti, una volta trovati i cosiddetti lender, risulta relativamente semplice. Meno facile sara’ invece organizzare la fase successiva dell’operazione, cioè definire l’entita’ dell’aumento di capitale necessario per Saipem (si parla di 3 miliardi ma non e’ detto) ma soprattutto sara’ da verificare la struttura della transazione che porterà la Cdp (o il Fondo Strategico) nell’azionariato della controllata di Eni. Infatti l’operazione e’ complessa se si pensa che la Cdp dovrebbe acquisire una quota di Saipem pari a circa il 23 per cento: si parla di una quota che vale oltre 700 milioni di euro, visto che Saipem capitalizza più di 3 miliardi. Inoltre, se Cdp entrerà prima dell’aumento di capitale, dovrà poi sottoscrivere i diritti pro-quota con un esborso ulteriore. Insomma per la Cassa statale l’investimento in Saipem potrebbe costare ben più di un miliardo. Con un entità di questo tipo, facile pensare che l’operazione dovrà avere tutti i via libera del caso anche a livello governativo. Oltre alla copertura finanziaria necessaria. Ecco perché, al di la’ del rifinanziamento che sembra a buon punto, il riassetto di Saipem sembra ancora da definire in alcuni aspetti cruciali..
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