I fondi di private equity internazionali aprono il dossier Telecom Italia. Secondo indiscrezioni, il dossier della società guidata da Marco Patuano sarebbe sul tavolo di alcuni gruppi finanziari esteri ai quali alcune banche d’affari americane avrebbero proposto di esaminare un possibile investimento. Al momento non ci sarebbero trattative concrete nè discussioni, ma soltanto l’esame dell’assetto azionario di Telecom Italia, tanto più dopo il disimpegno del maggior investitore privato fuori Telco, Marco Fossati, sceso sotto al 2%. I private equity che, secondo i rumors, potrebbero aver mostrato interesse per il dossier Telecom Italia sarebbero i fondi specializzati nel settore delle telecomunicazioni: Apax, Bain Capital, Providence, Blackstone e Kkr. I primi due fondi sono saliti agli onori della cronaca per la recente offerta a Oi per acquistare le attività di Portugal Telecom per 7 miliardi di euro. Bain è inoltre un gruppo finanziario molto vicino agli spagnoli di Telefonica dal quale ha comprato un anno fa la controllata Atento, attiva nei call center. Anche Blackstone ha grande esperienza nelle telecomunicazioni: in Italia ha già provato, nel 2007, a comprare da Enel Wind, che poi invece è finita all’egiziano Naguib Sawiris. Per ora non ci sarebbero state discussioni concrete, nè i fondi avrebbero sondato gli ambienti governativi per prospettare un intervento. Telecom Italia possiede infatti la rete di telecomunicazioni nazionale e qualsiasi operazione dovrebbe di fatto ottenere un via libera politico. Ma l’interesse sarebbe vivo, anche per la presenza in Brasile di Telecom. Ad attirare l’interesse degli operatori di private equity è anche il fatto che Telecom Italia sta diventando una vera public company, senza più azionisti di riferimento. La fase cruciale sarà lo scioglimento di Telco, cioè la scatola che per tanti anni ha controllato il gruppo telefonico. Sembrano dunque saltati gli equilibri di riferimento: con l’uscita degli spagnoli di Telefonica e dei soci italiani. I riflettori sono puntati sulle strategie dei francesi di Vivendi che erediteranno la quota iberica se le autorità brasiliane daranno via libera all’operazione di cessione di Gvt a Telefonica nei termini concordati che prevedono, come parte del pagamento, la consegna di un pacchetto di azioni Telecom, pari all’8,3% dell’attuale capitale ordinario. Non è detto che dalla fase di studio si passi alle azioni concrete, anche perchè per giustificare l’intervento del private equity l’operazione dovrebbe essere in grado di prospettare ritorni che presupporrebbero di poter valorizzare il titolo fino a 1,7 euro cosa che, sulla carta, sembrerebbe possibile solo con uno spezzatino del gruppo. In Borsa resta comunque alta l’attenzione sul titolo, che ha riagguantato quota 1 euro, tra volumi superiori del 50% alla media dell’ultimo mese, sulla scia delle possibili operazioni di M&A. Proprio ieri infatti l’azione Telecom Italia è salita in Borsa in base alle indiscrezioni di un’imminente fusione tra Wind e 3 Italia, che andrebbe ad eliminare un competitor sul mercato italiano: dunque con l’effetto di una minore pressione sui prezzi della telefonia mobile, che è il segmento che più ha sofferto la concorrenza. L’annuncio sembrerebbe vicino e si starebbe già definendo la governance. Wind ha attualmente oltre 22 milioni di clienti nel mobile e fattura circa 5 miliardi di euro, con un margine Ebitda in crescita al 39,5%. Al contrario, 3 Italia è più piccola: ha meno della metà dei clienti (9,7 milioni) e una marginalità di poco superiore al 15 per cento.
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