Carige avvia la cessione del credito al consumo di Creditis, in attesa che si concretizzi l’arrivo di nuovi soci. In questi giorni sarebbe infatti stata completata la documentazione da inviare ai potenziali acquirenti del credito al consumo del gruppo genovese. Assieme a Creditis, Carige dovrebbe cedere anche il suo private banking con la dismissione della Banca Cesare Ponti per la quale e’ stato allertato l’advisor Mediobanca. Le due vendite dovrebbero permettere di incassare circa 150 milioni di euro che si andranno a sommare ai 300 milioni ottenuti (il closing ci sara’ all’inizio del prossimo anno) con la dismissione delle assicurazioni al fondo di private equity Apollo. Tempi piu’ lunghi dovrebbero invece avere le operazioni di vendita del factoring e del leasing, attivita’ per le quali e’ stato affidato un incarico a Leonardo & Co. Ma tutte queste dismissioni potrebbero essere superate dalla velocita’ degli eventi. La Bce ha evidenziato per la banca genovese un fabbisogno finanziario, evidenziato dagli stress test, superiore agli 800 milioni di euro. Per questo motivo e’ stato deciso di lanciare all’inizio del prossimo anno un aumento di capitale per massimi 650 milioni di euro, totalmente garantito da un consorzio capitanato da Mediobanca. Ma e’ possibile che prima dell’aumento la situazione prenda una direzione a sorpresa: la Fondazione Carige ha infatti auspicato che venga studiata un’integrazione con qualche altro gruppo bancario in alternativa alla ricapitalizzazione. La strada potrebbe, dunque, essere quella di una fusione (sul mercato si fanno da tempo i nomi di Ubi Banca o di Bpm, che tuttavia sono banche popolari e dovrebbero modificare il loro statuto) oppure quella di un’acquisizione di Carige da parte di un gruppo estero come Credit Agricole, che in Italia possiede Cariparma e non ha mai nascosto la volonta’ di crescere. Pero’ un’acquisizione o fusione, al momento, sembra una strada difficile da percorrere in tempi brevi. Piu’ semplice sembrerebbe intavolare una trattativa con la Investindustrial di Andrea Bonomi, la societa’ d’investimento che gia’ alcuni mesi fa aveva provato senza successo a rilevare una quota importante delle azioni della Fondazione, senza pero’ riuscirvi visto che i titoli erano stati poi collocati con piccole quote a investitori istituzionali. Ma Bonomi ora, vista l’urgenza di arrivare a una soluzione in tempi brevi, potrebbe riuscire nel disegno che era stato momentaneamente congelato. Potrebbe diventare il primo socio di Carige con il 20 per cento con un investimento di meno di 150 milioni, rilevando i diritti oppure l’inoptato. Potrebbe poi stringere un accordo con la Fondazione genovese, che gioco forza si diluira’ dal suo 19 per cento, per mantenere la banca indipendente e legata al territorio ligure. Sembrerebbe questa la soluzione piu’ rapida, magari spostando in un secondo momento, nel medio termine, le trattative per un’aggregazione con un’altra banca. Del resto, Bonomi conosce bene l’amministratore delegato Piero Montani e inoltre ha relazioni solide con Mediobanca, che sta organizzando l’aumento di capitale per la Fondazione. Un’ipotesi credibile, a maggior ragione se si pensa che altri investitori potenziali (come ad esempio la famiglia Malacalza) non sembrano molto convinti di entrare sulla partita della banca genovese. Tuttavia Bonomi avrebbe messo una condizione al suo ingresso: Banca Ponti non dovrebbe essere ceduta, ma al contrario diventare il perno di un futuro progetto sul private banking. Si vedra’ dunque in questi giorni se, assieme al credito al consumo di Creditis, verra’ deciso di avviare l’asta sulla storica controllata attiva nella gestione di grandi patrimoni. Un congelamento del dossier potrebbe infatti essere un segnale di apertura a Bonomi.
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