Sul possibile riassetto di Saipem, se ci sarà, si potrebbero avere maggiori lumi il prossimo 31 luglio, quando la controllante Eni, con l’amministratore delegato Claudio Descalzi, presenterà i risultati del semestre con un aggiornamento del piano strategico.
Per ora, sul mercato, però le indiscrezioni continuano a riferire della volontà di cedere la controllata (di cui il Cane a sei zampe detiene un 43%) attiva nel settore della prestazione di servizi per il settore petrolifero.
Di sicuro il precedente amministratore delegato di Eni, Paolo Scaroni, era dell’avviso di cedere Saipem. Un mandato in questa direzione, secondo i rumors, era stato già dato alla banca d’affari statunitense Goldman Sachs, tanto che era partito un sondaggio tra potenziali compratori, come i russi di Rosneft ma soprattutto i gruppi norvegesi Subsea 7 e Seadrill.
Ora resta da capire cosa farà Descalzi. Un processo formale di cessione di Saipem non sarebbe ancora partito, ma secondo alcuni addetti ai lavori sarebbe imminente e potrebbe iniziare concretamente dopo l’estate. Se verrà deciso di cedere la controllata, è possibile che venga dato un altro mandato a una banca d’affari, in aggiunta a quello affidato a Goldman Sachs. Secondo alcuni osservatori è infatti logico che venga affidato più di un incarico sull’operazione, che comporterà anche un pesante rifinanziamento con le banche del debito di Saipem. Nel frattempo, si starebbero posizionando altri gruppi strategici sul dossier: secondo quanto riportato da Mergermarket, qualche settimana fa, tra gli interessati ci sarebbe anche il colosso di Dubai, Arabtec.
Saipem resta infatti una preda interessante, anche se il rischio resta quello di una cessione a un prezzo troppo conveniente per i potenziali compratori. Oggi le azioni scambiano infatti a poco più di 18 euro, rispetto ai 30 euro di poco più di un anno fa. Il prezzo di vendita resta dunque una delle variabili in grado di influire sui tempi di una possibile cessione. L’altro nodo resta quello dei prestiti infragruppo, visto che l’ammontare di debito tra le due società è significativo: il 90% dei complessivi 4,5 miliardi che in caso di cessione andrebbe totalmente rifinanziato. Il nodo, per essere risolto, comporterà infatti una trattativa con le banche.
Insomma, la direzione per Eni sembra quello di un possibile disimpegno da Saipem per spostare sempre più il focus della società sulle operazioni upstream a più elevato ritorno. Un piano che, secondo quanto scritto ieri dal Wall Street Journal, potrebbe anche prevedere una revisione delle attività di raffinazione. Il business refining & marketing di Eni ha perso infatti una media di 106 milioni di euro al trimestre dal 2009, hanno rilevato gli analisti di Sanford C. Bernstein: tanto che lo scorso anno la divisione R&M ha avuto un cash flow negativo e ha pesato per il 5% sugli investimenti complessivi. Tutte strategie che potranno essere chiarite il prossimo 31 luglio.