Resta un punto interrogativo la strada per cedere il 49% di Enav. La via preferenziale è infatti quella dell’Ipo ma è possibile anche una trattativa diretta da realizzare attraverso procedure competitive.
Insomma, mentre per Poste lo sbarco a Piazza Affari è ormai definito nei contorni se non sulla tempistica, non è invece ancora chiara la struttura finanziaria per la valorizzazione della società che fornisce il servizio del controllo del traffico aereo.
Per Poste sono infatti già stati prescelti gli advisor per l’Ipo: cioè Lazard e lo studio Gianni Origoni Grippo (già presente sulla quotazione Fincantieri) per conto del Mef e Rothschild per conto della società. Global coordinator dell’offerta dovrebbero invece essere Bofa Merrill Lynch, Mediobanca e Citi.
Se si torna al dossier Enav, in queste ore sono state inviate le lettere per la partecipazione alla procedura di scelta da parte del Governo dei consulenti finanziari e legali per la cessione del 49% dell’azienda.Di sicuro la quotazione è la strada preferita dal management: prescelta da Massimo Garbini, l’amministratore di Enav nominato da Mario Monti per riorganizzare la società pubblica anche dopo i guai giudiziari del 2011.
Enav ha una valutazione importante: il valore della società dei controllori di volo si avvicina a 2 miliardi, che consentirebbe un incasso di 1 miliardo per lo Stato con la vendita del 49%. I conti sono in salute con un risultato netto per 50 milioni e la società sta guardando a commesse estere.
Tuttavia, se non fosse possibile quotare tutto il pacchetto messo in vendita dallo Stato, perché la finestra di novembre-dicembre sui mercati finanziari (quella messa in preventivo per l’Ipo) non lo consentirà, quali potrebbero essere i player finanziari interessati a rilevare una minoranza?
I più indicati potrebbero essere i fondi infrastrutturali, visto che il business di Enav è di tipo regolatorio. L’azienda guadagna infatti sul traffico aereo che, anche se è diminuito negli ultimi tempi, resta pur sempre abbastanza prevedibile nei flussi. Secondo i rumors uno dei candidati potrebbe essere il fondo francese Ardian, che ha già mostrato interesse per l’Italia. Tra i colossi del private equity, chi guarda a questo settore è anche l’americana Kkr, che tuttavia dovrà valutare l’opportunità di un investimento di minoranza, al quale è di solito poco incline prefendo le maggioranze per influire sulla gestione. E proprio questo resta uno dei nodi da sciogliere per qualsiasi investitore finanziario. Non sarà semplice trovare in modo veloce eventuali candidati, malgrado la società sia interessante come investimento.
Qualsiasi fondo pronto a valutare una minoranza, potrebbe infatti chiedere regole di governo societario chiare, non accontentandosi degli eventuali dividendi, oltre che la possibilità di disinvestire la partecipazione in un ragionevole arco temporale.
Senza queste condizioni, secondo gli addetti ai lavori, solo i fondi di emanazione pubblica (il Fondo strategico italiano o la Cdp stessa) potrebbero valutare un investimento.
Insomma, l’Ipo resta la carta più semplice da giocare, anche perché gli istituzionali esteri (come ad esempio l’americana Blackrock) sarebbero già pronti a fare incetta di titoli in sede di Ipo di Poste, Enav e Fincantieri.