Vendere o non vendere? Restare al controllo e cedere una minoranza? Trovare un partner strategico per il nuovo stadio? Sono tante le domande che in questi giorni si addensano all'orizzonte per la famiglia Berlusconi. E mentre i quesiti sono ancora senza risposta, l'unica certezza e' che – se il Milan vorra' stare a livelli abbastanza elevati (senza cadere nella seconda fascia del campionato o peggio)- la Fininvest dovra' ancora mettere mano al portafoglio.
Non dimentichiamo che proprio la holding di via Paleocapa ogni anno deve il piu' delle volte ripianare perdite attorno ai 50 milioni di euro per i rossoneri. Ma torniamo alle domande iniziali. Tra i membri della famiglia Berlusconi, e in questo caso ci sono Marina e Barbara, il solco e' abbastanza netto sul Milan. Marina sarebbe convinta da tempo che e' necessario cedere il controllo del club. Fininvest non puo' infatti permettersi di sostenere le perdite di una squadra di calcio. Barbara, al contrario, che ha avuto dal padre la gestione del Milan e che non ha altre cariche nel gruppo, si sarebbe convinta che e' da valutare la cessione di una minoranza, un 20-30 per cento massimo, magari a un investitore disposto a partecipare al progetto stadio. Ma qui il tema si fa difficile: negli ultimi mesi si sarebbero mosse diverse banche d'affari per valutare investitori interessati ma nessuno sarebbe interessato a una minoranza senza avere in cambio una forte influenza sulla governance societaria. Insomma, l'investitore con l'anello al naso che ci mette solo i soldi senza fiatare sta scritto solo nel libro dei sogni. E anche il progetto stadio sembra troppo lontano nel tempo per attrarre qualcuno, quando invece il problema di reperire capitali e' chiaramente da risolvere da qui a poco. Quindi? Silvio Berlusconi, che sulla questione Milan e' riapparso nel settembre scorso per dirimere la querelle tra la figlia Barbara e Adriano Galliani, per ora sta alla finestra. Ma i bene informati credono che alla fine sara' proprio lui a indicare la strada. Secondo alcuni potrebbe essere proprio lui di persona a tirare fuori dal cappello un investitore. Magari tra quei magnati russi, vicini all'amico Putin, oppure tra qualche emiro del Golfo Persico, area ben presidiata da un ex- socio d'affari come Tarak Ben Ammar.