Il Qatar bussa al fashion italiano, ma senza risposta: Missoni, Trussardi e…

Chi sara' la prossima casa di moda a finire all'estero? La domanda sorge spontanea visto che le indiscrezioni tra le banche d'affari parlano di un interesse ormai costante per tutti i marchi che sono restati in mano delle famiglie fondatrici italiane: il compratore piu' attivo e' il gruppo finanziario Mayhoola, che fa capo ai reali del Qatar e che ha gia' rilevato Valentino (dal fondo Permira) e la vicentina Pal Zileri (dalle famiglie azioniste). Mayhoola ha parecchia cassa da spendere e punterebbe a fare un'altra acquisizione in Italia nei prossimi mesi. Tanti i dossier esaminati dai qatarini, ma su due si sarebbero puntati i riflettori: Missoni e Trussardi.

Sul primo dossier abbiamo ampiamente scritto nelle scorse settimane. Mayhoola avrebbe recapitato un'offerta nei mesi scorsi ma la famiglia Missoni avrebbe rifiutato la proposta. Angela Missoni in un'intervista di qualche giorno fa sul Sole ha spiegato di voler smentire i rumors dell'ultimo anno affermando la forte indipendenza del gruppo. E che non avrebbe preso neppure un caffè' con gli emissari del Qatar. In realta', le discussioni, anche se informali e senza advisor, sembra che andassero avanti da parecchio tempo (almeno un anno) e mai la famiglia Missoni era uscita con una smentita ufficiale alle agenzie sull'interesse del Qatar malgrado meta' dei banker milanesi sapessero dei pourparler e malgrado la notizia fosse gia' uscita nei mesi scorsi piu' volte su alcuni media locali e agenzie internazionali. Come interpretare dunque la porta sbarrata degli ultimi giorni? Facile immaginare che l'offerta arrivata sia stata rispedita ufficialmente al mittente dopo magari qualche breve riflessione. Se poi si guarda alla Trussardi, anche per questa griffe nell'ultimo anno sarebbero arrivate numerose avance dal Golfo Persico. Ma i membri della famiglia, fra i quali non c'e' la volonta' per ora di aprire il capitale tranne qualche voce leggermente fuori dal coro, per ora sarebbero impegnati ad accrescere la redditivita' del gruppo Trussardi, al momento ancora leggermente sotto rispetto a quella dei competitor.
La realta' e' che fa sempre piacere essere corteggiati. Un po' come quelle belle donne che giocano ad affascinare tranne poi salutare tutti con il sorriso sulle labbra. In effetti, e' un po' una caratteristica delle famiglie imprenditrici della moda italiane voler capire quanto un potenziale compratore sarebbe disposto a offrire per loro, tranne poi tirarsi indietro smentendo qualsiasi intenzione di vendere. Il passato e' ricco di casi: Roberto Cavalli, ad esempio, piu' volte ha avviato discussioni sia negli anni passati sia nei mesi scorsi con potenziali compratori (l'ultimo il fondo inglese Permira) e ha sempre ufficialmente smentito qualsiasi contatto. La stessa Versace una decina di anni fa stava per aprire il capitale tranne poi decidere di restare indipendente. E i casi che si potrebbero aggiungere sono numerosi altri.
La domanda vera e' pero' un'altra: quanto potra' resistere l'indipendenza delle maison piccole e medie italiane in un mercato cosi' globalizzato? Tra le griffe nazionali solo Re Giorgio Armani, malgrado le sue oltre 70 primavere, puo' ancora permettersi di guardare tutti dall'alto in basso in virtu' della sua fama mondiale. Oppure Prada, che ha tuttavia capito che era necessario quotarsi ad Hong Kong per crescere sui mercati asiatici. Per tutti gli altri, non collegati a colossi come le francesi Lvmh o Kering, il futuro all'insegna dell'indipendenza potrebbe essere duro. Ormai quello della moda e del lusso e' diventato un settore ad alta intensita' di capitale. Bisogna infatti avere in programma investimenti per centinaia di milioni di euro per espandersi sui mercati dove ci sono i nuovi ricchi: non solo paesi arabi, ma Asia, Sudafrica, fino al Brasile. Come programmare nuove aperture solo ricorrendo al credito bancario oppure con le proprie forze? Ci possono riuscire giusto solo Armani e Prada, che generano molta cassa. A comprendere che ormai la globalizzazione impone delle scelte è stato chiaro pure in Versace dove la famiglia, i cui componenti caratterialmente non sembrano certo ben disposti verso nuovi soci, ha deciso di aprire il capitale. Pronto ad entrare in minoranza sarebbe un private equity: probabilmente Blackstone o Ccmp. Insomma, in conclusione: fra dieci anni vedremo probabilmente un panorama della moda italiana a due facce. Grandi gruppi restati nazionali perche' sono riusciti ad ergersi a colossi. Altri dove le famiglie hanno dovuto aprire il capitale, magari solo in minoranza. Il caso Valentino e' emblematico: da quando è stata acquistata, prima da Permira e poi dai reali del Qatar, ha spinto l'acceleratore sui mercati internazionali.

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