Il progetto sui crediti non performing studiato da UniCredit, da Intesa Sanpaolo e dal private equity americano Kkr entra in una fase cruciale. Secondo indiscrezioni raccolte in ambienti finanziari, il tavolo di lavoro tra i top manager degli istituti bancari che stanno seguendo il dossier e i gestori del fondo Usa sarebbe arrivato a mettere a fuoco due diverse ipotesi di veicoli societari da utilizzare per conferire i portafogli di sofferenze. Un piano in due mosse, in sostanza, del valore di svariati miliardi di euro.
Se il termine bad bank resta gergale e generico (d’altronde in Italia restano da definire le modalità tecniche e il regime fiscale dei veicoli che serviranno poi a scorporare i crediti ormai inesigibili), sarebbero due i dossier sul tavolo. Una prima ipotesi prevederebbe una società nella quale Intesa e UniCredit farebbero confluire i pacchetti di sofferenze: una newco che acquisterà dalle banche a un prezzo di 100, per fare un esempio, crediti il cui valore nominale è invece di 300.
In questà newco il fondo americano Kkr inietterà quindi capitali freschi: si parla di una cifra pari al 10% rispetto al patrimonio complessivo della newco, che a quel punto conterrà un portafoglio di sofferenze di un certo rilievo e una componente cash.
A questo punto, secondo le ipotesi allo studio, la newco emetterà delle obbligazioni, diventando quindi un veicolo di cartolarizzazioni. Queste stesse obbligazioni verranno quindi offerte e saranno acquisite da investitori istituzionali: facile presumere che saranno interessati fondi hedge o speculativi stranieri oppure qualche banca internazionale. In questa fase di mercato infatti molti investitori esteri sono alla ricerca di emissioni in grado di garantire rendimenti elevati, anche se ad alto rischio.
Ma, in una sorta di doppio binario, UniCredit, Intesa Sanpaolo e Kkr starebbero mettendo a punto anche un’altra struttura societaria, oltre al veicolo per cartolarizzazioni.
Si tratterebbe, sempre secondo le indiscrezioni, di una società finanziaria o di una holding di partecipazioni. Quest’ultimo veicolo, analogamente al primo, comprerà per 100 crediti inesigibili per un valore nominale di 300. Questi crediti verranno poi trasformati in azioni della società debitrice e cedute sul mercato a possibili investitori. In questo secondo caso si potrebbe parlare quasi di un veicolo di turnaround, cioè di ristrutturazione del debito.
Secondo quanto riferito da diverse fonti finanziarie, le sofferenze che potrebbero essere veicolate in questi portafogli potrebbero ammontare complessivamente a svariati miliardi di euro. Inoltre non è detto che venga scelta la prima ipotesi (il veicolo per cartolarizzazioni) rispetto alla seconda (la società finanziaria). Anzi, potrebbe essere probabile un mix delle due strutture societarie. Inoltre, a seconda della strada che verrà scelta, il regime fiscale sarà differente. Il progetto sembrerebbe, almeno sul lato regolamentare, ben avviato. Ora bisognerà vedere se Kkr assieme alle due banche italiane, riuscirà a chiudere il cerchio della trattativa. Di sicuro sia Intesa Sanpaolo sia UniCredit hanno interesse a deconsolidare dal bilancio portafogli di sofferenze.
I consulenti dell’operazione sarebbero all’opera da diversi mesi. Anzitutto il gruppo di consulenti di Alvarez Marsal, ma sul dossier la pattuglia più nutrita è quella degli avvocati per capire la fattibilità dell’operazione sul versante tecnico: Paul Hastings per conto di Kkr, D’Urso Gatti Bianchi e lo studio Di Tanno (per gli aspetti fiscali) per conto delle banche.
Questo progetto delle grandi banche italiane sta avanzando mentre sul mercato si stanno facendo riflessioni su bad bank di altra natura: Mediobanca avrebbe proposto un piano per le piccole e medie banche. Contatti ci sarebbero stati anche con la Popolare di Vicenza e con Veneto Banca. L’obiettivo sarebbe quello di creare diversi veicoli: andando a uniformare le sofferenze per aree geografiche o per settore del debitore.