Tutto è già partito il 26 settembre scorso, giorno dall’audizione in Senato del presidente della Consob Giuseppe Vegas. In quel momento, sul tema del passaggio di Telecom agli spagnoli di Telefonica, è cominciata un’analisi approfondita da parte degli esperti della commissione nazionale per le società e la Borsa. Un esame che ha avuto solo un’accelerazione dopo il consiglio del 7 novembre di Telecom; board che ha varato un piano di cessioni (delle torri, alla quota di Telecom Argentina) e l’emissione di un prestito convertendo per da 1,3 miliardi di euro.
Uno degli aspetti che, nel dettaglio, ha destato i primi interrogativi degli esperti della Consob è stato quello del prezzo al quale è avvenuto il passaggio delle azioni di Telco tra i soci italiani (Intesa Sanpaolo, Generali e Mediobanca) e il gruppo iberico Telefonica. All’interno di quella transazione complessa e suddivisa in diverse fasi, le azioni di Telecom Italia sono infatti state valorizzate 1,09 euro, cioè il doppio rispetto al prezzo di mercato di quei giorni.
La Consob, fin dall’annuncio del riassetto Telco, ha voluto accertare se il prezzo implicito dell’operazione, con gli spagnoli di Telefonica saliti dal 46 al 66% della holding, abbia incluso o meno un premio di maggioranza.
In pratica, quelle azioni pur essendo eguali alle altre, sono state valutate di più. Perché? Forse perché garantivano il controllo sulla società operativa? La Consob su questo punto ha chiesto chiarimenti. Tuttavia, il quesito sul premio di maggioranza girato ai soci di Telco, secondo alcune ricostruzioni, non avrebbe ricevuto una risposta chiara.
Nei giorni scorsi, ad alimentare il lavoro della Commissione, sono poi intervenuti gli esposti presentati dalla Asati (l’associazione dei piccoli soci) e di Marco Fossati, il presidente di Findim che per ben due volte sarebbe stato sentito in Consob: sotto accusa il progetto di cessione di Telecom Argentina, i conflitti di interesse di Telefonica in Sudamerica, ma anche il bond convertendo da 1,3 miliardi di euro, che la stessa Findim non è riuscita a sottoscrivere e che, invece, è stato acquistato dal fondo estero BlackRock.
L’intervento degli ispettori della Consob (circa 30 funzionari coinvolti fra Roma e Milano) e del Nucleo valutario della Guardia di Finanza è, dunque, arrivata ieri a conclusione di un monitoraggio di due mesi di tutte le operazioni varate sull’ex-monopolista telefonico.
Ma quali documenti starebbero cercato gli esperti della Consob e della Guardia di Finanza negli uffici Telecom? Secondo le indiscrezioni, nel mirino ci sarebbero e-mail, lettere e documenti utili a provare le ipotesi di un accordo tra i soci italiani e Telefonica in Telco per dare il controllo di fatto agli spagnoli. Sarà così? Non è detto. La Consob, anche alla luce di due esposti, che su questo presunto controllo di fatto individuano dei danni ai soci di minoranza, intende accertare la natura della partecipazione di Telco e le modalità con cui sono stati costruiti i piani di dismissione in Sud America e l’emissione di un bond convertendo. È possibile che emergeranno irregolarità, che eventualmente saranno sanzionate o segnalate alla Procura. Ma fino a quel momento vale solo la versione di Telecom Italia, secondo cui il gruppo ha «sempre operato nel rispetto delle regole» senza favorire nessun azionista a svantaggio di altri.