C’è una vicenda che ancora pochi conoscono nell’affaire Telecom Italia. Lo scorso 23 settembre Marco Fossati, azionista con il 5% delle azioni dell’ex-monopolista telefonico, secondo indiscrezioni raccolte e confermate in ambienti finanziari si sarebbe recato in Mediobanca.
A riceverlo e incontrarlo c’era l’amministratore delegato di Mediobanca, Alberto Nagel. Cosa si sarebbero detti in quella sede Fossati e Nagel? Durante l’incontro, cordiale e disteso, secondo le indiscrezioni il banchiere di piazzetta Cuccia avrebbe esposto il piano che, nelle ore successive, sarebbe stato annunciato: cioè l’operazione Telefonica-Telco del 24 settembre, che ha portato il gruppo telefonico spagnolo ad avere il controllo (di fatto) su Telecom Italia.
Quello che sarebbe avvenuto nei giorni successivi, secondo ricostruzioni attendibili, è altrettanto esclusivo e non noto. Infatti, sempre secondo i rumors, Fossati, che sul tema non rilascia commenti a Il Sole 24 Ore, avrebbe contattato Telefonica per cedere il suo pacchetto azionario, senza tuttavia trovare l’accordo voluto.
Da quel momento, nelle due settimane successive, la situazione cambia radicalmente copione. Venerdì 11 ottobre la Findim di Marco Fossati sale sopra la soglia rilevante del 5%, passando, dal 4,99% al 5,004 per cento del gruppo telefonico.
E nel frattempo, mentre il presidente esecutivo Franco Bernabè si mette in trincea e comincia a meditare sul possibile abbandono della partita, Fossati prepara la contromossa. Il 17 ottobre il manager chiede di azzerare il consiglio di amministrazione di Telecom Italia. Con il suo 5% Findim inoltra la richiesta di «convocazione dell’assemblea ai sensi dell’articolo 2367 del codice civile».
Il 23 ottobre Fossati parte per un viaggio d’affari tra Londra e New York, le due capitali della finanza e dei grandi fondi d’investimento. La strategia, dopo la richiesta di convocazione di un’assemblea generale ordinaria per revocare la maggioranza del consiglio, è ormai chiara: cercare le alleanze per battere Telefonica-Telco in assemblea e fare di Telecom Italia una grande public company, cioè un modello d’impresa a proprietà diffusa .
A New York Fossati avrebbe incontrato uno dei grandi azionisti istituzionali di Telecom Italia, cioè Blackrock (possessore di una partecipazione del 5,132%). Nel suo viaggio d’affari Fossati, secondo alcune ricostruzioni, avrebbe incontrato anche alcuni grandi hedge fund stranieri.
Il piano è ormai definito: creare un blocco di alleati che possa superare la soglia del 20%. Così l’imprenditore di Findim potrebbe arrivare in assemblea per giocarsi la partita con Telefonica-Telco, che possiede il 22,4 per cento. Oggi infatti gli investitori istituzionali, italiani ed esteri, controllano circa il 30% del capitale del gruppo telefonico.
Si arriva quindi all’altro ieri. Fossati da Londra dove sta incontrando i grandi investitori, manda una dichiarazione al vetriolo. «I soci italiani di Telco e i loro relativi consiglieri nel Cda di Telecom Italia dovrebbero avere la decenza di non fare dichiarazioni a favore di Telefonica soprattutto in conseguenza della loro uscita e cessione alla stessa. Se fossero sinceri nelle loro espressioni non avrebbero dovuto vendere la loro posizione, lasciando tutte le minoranze in mano al comando di Telefonica. Non si tratta di dare il benestare per il comando a gruppi stranieri o italiani ma bensì se consegnare il comando della società a gruppi che realmente abbiano a cuore la valorizzazione di Telecom Italia oppure opportunisticamente i propri interessi, sborsando pochi denari e tenendo in minoranza l’85% dell’azionariato».
Per i prossimi colpi di scena bisognerà dunque aspettare il Cda di Telecom Italia del 7 novembre, che dovrà convocare l’assemblea da tenersi intorno a metà dicembre. A quel punto si saprà davvero se le azioni – come ha spiegato Fossati – «si devono contare e non pesare».