Sarebbero diversi i dossier "caldi" di Piazza Affari che avrebbero creato qualche malumore tra i vertici di Intesa Sanpaolo. Tra i principali ci sarebbero proprio Telco-Telecom, passata sotto il controllo di Telefonica ad inizio settimana, e Alitalia, la compagnia aerea sulla quale è in corso una dura trattativa con Air France per dare il via a una robusta iniezione di capitali.
Di entrambi i gruppi, ex-monopolisti, Intesa Sanpaolo è oggi ancora socio. Ma mentre su Telco-Telecom è stato ormai deciso l’addio alla partecipazione con una uscita progressiva dall’investimento a favore di Telefonica, in Alitalia la partita di Intesa (uno dei soci italiani entrati in campo nel 2008 sulla spinta del governo Berlusconi) è ancora da giocare.
Sia Telco-Telecom sia Alitalia sono stati due dossier finalizzati dal predecessore di Enrico Cucchiani in Intesa Sanpaolo: cioè Corrado Passera, banchiere di sistema chiamato dal governo di Mario Monti a ricoprire la carica di ministro dello Sviluppo economico. Proprio quest’ultimo, ieri, si è espresso su Twitter con termini negativi sulloperazione effettuata dai soci italiani in Telco: «Per Telecom i grandi soci italiani hanno preso una decisione pessima».
Di sicuro, al di là delle parole di Passera, sia il dossier Telco sia Alitalia non avrebbero avuto unione di intenti perfetta nel management di Intesa: tra il Ceo Enrico Cucchiani e il presidente del consiglio di sorveglianza di Ca’ de Sass, Giovanni Bazoli.
Altro dossier a dividere i manager sarebbe stato quello di Romain Zaleski, il finanziere franco-polacco ampiamente finanziato da Intesa e da altri istituti come Unicredit negli anni precedenti all’arrivo di Cucchiani. Il crollo finanziario dell’impero di Zaleski sta infatti rischiando di creare problemi alle banche finanziatrici, tra cui proprio Intesa Sanpaolo.
E che dire del dossier Rcs? Anche la ricapitalizzazione del maggiore gruppo editoriale italiano, a cui ha partecipato Intesa e appoggiata da Bazoli, sembra aver lasciato qualche scoria tra i vertici della maggiore banca del Paese: una diversa visione del rapporto tra l’istituto milanese e alcune delle aziende simbolo del passato, che potrebbe aver generato le tensioni di cui si parla in queste ore.